La chiesa del Sacro Cuore rappresenta l’ultimo tassetto dello sviluppo urbanistico, edilizio e sociale che ha caratterizzato il sobborgo dei “Mulini” di Sesto Calende negli ultimi decenni, sia a causa della facilità di accesso stradale, determinata dalla presenza dell’asse del Sempione, sia per le ampie aree libere un tempo a destinazione agricola rimaste disponibili. Per venire incontro alle esigenze di una popolazione residente sempre più numerosa, il quartiere è stato dotato nei decenni, nella fascia tra la strada del Sempione e il fiume, di una scuola materna, di una elementare e, appunto, di una nuova chiesa, mentre a nord del Sempione si è sviluppata la zona industriale. Nonostante la recente espansione, l’area ha origine antichissime, come documentano i reperti rivenuti della cosiddetta “Cultura di Golasecca” e riferibili a un consistente insediamento abitato sviluppato sin dal IX secolo a.C. La toponomastica, invece, rimanda ancora all’antica vocazione rurale dei luoghi, caratterizzati forse già dal tardo Medioevo da numerose rogge derivate dai corsi d’acqua naturali che alimentavano altrettanti mulini. La chiesa del Sacro Cuore, costruita tra il 1960 e il 1967 secondo il disegno cui collaborò l’architetto Enrico Buzzi, si presenta come un tentativo di rilettura dell’ambiente sacro alla luce delle coeve esperienze europee, con particolare richiamo, per l’uso scabro del cemento armato lasciato a vista e il ricorso a una tipologia quasi industriale, verso certi accenti ‘brutalisti’ che trovavano anche in Italia, e a Milano in particolare, numerosi interpreti. La facciata si presenta come un rettangolo mosso, alle estremità, da due contrafforti laterali e, alla sommità, da una linea di frontone appena accennata. L’ingresso si apre al centro, protetto da un portico a profilo poligonale e risaltato da due ali laterali avanzate rispetto alla linea della fabbrica. Le fiancate mostrano, con maggiore evidenza, il riferimento all’architettura industriale: sono scandite in tre campate da salienti semplici, con campiture in cemento a vista interrotte, poco sopra la copertura in aggetto, da una sottile fascia di finestre continue; la campata centrale termina con un timpano che sopravanza la linea di gronda. Ospita un’ampia vetrata. L’interno si presenta come un’unica aula dominata dall’andamento mosso dell’articolato sistema di copertura e dalla scansione degli elementi d’appoggio per le volte, evidentemente sovradimensionati in funzione estetica. Le superfici non sono trattate (vi domina il cemento a vista), ad eccezione di una fascia basamentale intonacata. La luce, che filtra flebile dalle finestre a nastro delle due campate estreme, inonda l’ambiente dalle vetrate centrali e dal finestrone di controfacciata. Il presbiterio è messo in risalto unicamente da due ambienti laterali di servizio, che ne delimitano lo sviluppo. Alle spalle dell’altare, due quinte in cemento dipinto, poste su due piani diversi ed elevate sino al soffitto, inquadrano un affresco con il Sacro Cuore di Gesù e consentono alla luce, che filtra attraverso le pareti, di giocare ancora una volta un ruolo nella creazione e nella percezione dello spazio.
1960 – In assenza di bibliografia specifica sulla chiesa, i dati salienti su ambito culturale e maestranze coinvolte nella costruzione sono ricavati da una lapide interna, posata nell’anno di consacrazione. Vi si rammentano la “disinteressata collaborazione” di Enrico Buzzi, in qualità di progettista, e i costruttori, i f.lli Previtali, nonché la data di benedizione dell’altare (2 giugno 1967) per mano dell’arcivescovo Giovanni Colombo. I lavori erano stati avviati nel 1960.