Abbazia di Morimondo -Chiesa di Santa Maria Nascente (Morimondo)

Diocesi di Milano - chiesa parrocchiale - Lombardia

Morimondo - Piazza S.Bernardo - MI - 20081

02/94963657

https://www.abbaziamorimondo.it/homepage

Le informazioni riportate, in tutto o in parte, sono riprese da BeWeb, la banca dati dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI , implementata dalle diocesi e dagli istituti culturali che hanno concluso il rilevamento e la descrizione del patrimonio sul proprio territorio. Quanto pubblicato è da intendersi work in progress e pertanto non esente da eventuali suggerimenti per essere migliorato e reso più efficace.

Il Monastero di Morimondo, nome che significa “morire al mondo” cioè “vivere da risorti”, venne fondato nel 1134 a Coronate, località ancora esistente a circa un chilometro dall’abbazia, dai monaci provenienti dal monastero cistercense di Morimond in Francia.

In poco tempo il monastero acquistò importanza e accolse numerose vocazioni provenienti da tutte le classi sociali.

Purtroppo la laboriosità e la pax monastica furono disturbate dagli eventi bellici del tempo. L’abbazia, infatti, era stata fondata al confine tra Pavia e Milano, città che continuamente si contendevano il dominio politico e militare con saccheggi e sconfinamenti al di qua e al di là del Ticino. La costruzione della chiesa abbaziale infatti poté iniziare solo nel 1182.

Nel 1237 i lavori furono interrotti da un terribile saccheggio a opera delle truppe pavesi, che devastarono il cenobio e uccisero molti monaci. Il monastero contava 50 monaci coristi (monaci sacerdoti che lavoravano nello scriptorium) e 200 conversi (fratelli laici dediti alla gestione delle attività produttive del monastero e ai rapporti con l’esterno). Da allora la comunità non si rialzò più e il termine dei lavori dell’abbazia si ebbe solo nel 1296.

Il tredicesimo secolo, col sorgere dei nuovi ordini mendicanti, portò a Morimondo, come in tutto l’ordine dei Cistercensi, un calo delle vocazioni monastiche.

Nel 1450 Morimondo divenne commenda e il suo primo abate commendatario fu il cardinale Giovanni Visconti, arcivescovo di Milano; ma provvidenzialmente Morimondo ebbe la sua rinascita spirituale grazie al figlio di Lorenzo il Magnifico, il cardinale Giovanni de’ Medici che si adoperò a inviare sei monaci cistercensi provenienti dall’abbazia di Settimo Fiorentino per riportare la regolarità della vita monastica.

Nel 1564 San Carlo Borromeo, per aiutare economicamente l’Ospedale Maggiore di Milano, spogliò l’abbazia di Morimondo dei propri terreni; contemporaneamente la eresse a parrocchia, dandole il titolo di Santa Maria Nascente.

Nel Settecento vennero edificati i palazzi che s’innalzano sopra i lati ovest e nord del chiostro.

Agli inizi del 1798, a seguito della rivoluzione francese, fu decretata la soppressione di tutti gli ordini monastici e quindi anche della comunità cistercense di Morimondo. Il monastero, venduto all’asta il 28 settembre 1805, venne frazionato in unità immobiliari destinate alla popolazione rurale.

Nella storia dell’abbazia di Morimondo Angelo Comolli ebbe il merito, nel 1917, di acquistare il chiostro e gli ambienti circostanti unificandone la proprietà, di provvedere personalmente a importanti interventi manutentivi per evitare il totale degrado e di adattare a suo studio molti degli ambienti fino ad allora male utilizzati, salvandoli da uno stato di totale abbandono.

Nel 1941 l’arcivescovo di Milano, il beato cardinale Ildefonso Schuster, in visita pastorale all’abbazia, constatatone lo stato di abbandono, volle riportare nel cenobio la vita religiosa. Con la costituzione della Fondazione Abbatia Sancte Marie de Morimundo, nel 1993 si assistette a un rilancio di Morimondo con la valorizzazione del patrimonio spirituale e culturale dell’abbazia e del monachesimo di Cîteaux in generale.

Il 18 novembre 2021 ha segnato, in ordine di tempo, un nuovo e significativo passaggio con ricadute positive per la gestione del complesso monastico; in tale data, infatti, dopo oltre duecento anni, il Comune di Morimondo, su iniziativa del sindaco Marco Marelli e della sua amministrazione, ha ottenuto dall’Agenzia del Demanio il trasferimento di proprietà all’amministrazione comunale di tutti i beni – chiesa abbaziale, sala capitolare, lato nord del chiostro e ambienti soprastanti – che erano stati incamerati dallo Stato a seguito dell’attuazione delle soppressioni napoleoniche, ufficializzate per i beni di Morimondo con atto notarile del 9 luglio 1805.

Dopo secoli, tutto il complesso monastico ritrova così la sua unità originaria e torna ad appartenere alla comunità di Morimondo.

Cosa vedere

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CHIESA

CHIESA

Quarta fondazione italiana e prima in Lombardia, la chiesa abbaziale di Morimondo si scosta da tutte le altre edificazioni cistercensi del XII secolo. La grande differenza con le altre abbazie cistercensi consiste essenzialmente in un maggior slancio dato dalle navate con volte a ogiva secondo il nascente stile gotico. Già dall’esterno la chiesa di Morimondo si caratterizza per il suo stile tipicamente cistercense con contorni netti e geometrici, particolarmente accentuati nella forma rettangolare dell’abside e la pianta a croce latina. L’interno presenta la particolare essenzialità cistercense, totale mancanza di decorazioni, armonia delle proporzioni ed eleganza nelle opere murarie nonostante la povertà dei materiali. Entrando nella chiesa, la luce e lo slancio delle arcate portano lo sguardo verso l’alto e il colore dei mattoni dà un senso di calore e di accoglienza.

MONASTERO

MONASTERO

L’abbazia di Morimondo, a differenza degli edifici cistercensi tradizionali che sono costruiti in piano, è costruita su più livelli. Infatti si trova edificata su un avvallamento, per cui presenta complessivamente quattro livelli che ben si individuano sul lato orientale. I locali del cenobio, qualunque sia lo scopo al quale essi sono adibiti, hanno una struttura simile, semplice, lineare e al tempo stesso elegante, perché per il monaco ogni attività, e non solo la preghiera, deve essere una lode a Dio. Tutti gli ambienti monastici trovano il loro punto di raccordo nel chiostro; esso occupa un posto centrale per la vita del monaco poiché è luogo di silenzio e di preghiera.

AMBIENTI MONASTICI

AMBIENTI MONASTICI

Nelle abbazie cistercensi gli ambienti che si affacciano sul chiostro, sono collocati secondo uno schema tradizionale e costante, in un’armonia che risponde sia alle esigenze della vita monastica sia alla concezione dell’architettura dell’abbazia come specchio dell’edificazione delle virtù e della perfezione del monaco. LATO EST: lato della virtù del disprezzo di sé e dal quale si guarda verso il tramonto, si trovano gli ambienti che ricordavano al monaco di non chiudersi in sé e di non confidare solo sulle proprie forze  (armarium, sala capitolare, scala al dormitorio, locutorium, sala dei monaci) LATO SUD: dal quale si guarda alla notte e che è il lato del disprezzo del mondo ­­­­(calefactorium, refettorio, loggiato, cucina) LATO OVEST: lato della virtù dell’amore del prossimo e da qui si guarda all’alba, al sole che sorge. Qui si operava la carità verso i pellegrini, i malati e i poveri. In questo lato del monastero troviamo i locali dei monaci conversi (dispensario, foresteria, infirmarium) LATO NORD: lato dal quale si guarda a mezzogiorno, dove il sole è più alto e splendente, ed è il lato dove i monaci si attardavano nella preghiera fino all’ultimo raggio di luce: ricordava al monaco la virtù dell’amore di Dio (Sedile della lectio)

GRANGE E ORATORI

GRANGE E ORATORI

In origine la grangia era costituita dagli edifici rurali edificati sui terreni di un’abbazia benedettina e destinati alla custodia dei prodotti agricoli. Nell’economia cistercense, la grangia si trasformò in un insieme di edifici, esterni alle costruzioni dell’abbazia, composto da alcuni locali di soggiorno, da un locale per pregare e dai depositi per gli attrezzi e per i raccolti, spesso recintato da mura, come il monastero. La grangia divenne così un distaccamento della comunità monastica, simile a una piccola azienda agricola, abitata dai conversi, dipendente dal cellerario e generalmente lontana dall’abbazia non più di un giorno di cammino. A volte la popolazione laica di salariati che faceva capo alla grangia la trasformò progressivamente in villaggi rurali. Tra gli edifici che costituivano la grangia c’era anche un locale dove il converso si ritirava a recitare le sue orazioni giornaliere. Gli oratori nei primi tempi non avevano altare perché la santa messa era celebrata solo nella chiesa abbaziale. Con il passare del tempo gli oratori delle grange divennero le chiese delle comunità locali che facevano capo alla grangia stessa: furono spesso ampliati e dotati di altare. Tra quelli che erano gli oratori delle grange, innanzitutto ricordiamo l’attuale chiesa parrocchiale di San Giorgio a Fallavecchia.

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