La chiesa parrocchiale di S. Vito nella frazione di Bogno (comune di Besozzo) è di antica origine.
Attestata sin dal 1146, quand’era compresa nella circoscrizione plebana di Brebbia a cui vescovi era stato infeudato il locale castello, conserva ancora nella torre campanaria (XII sec.) le tracce più significative delle prime fasi edilizie.
Proprio la torre reca evidenti i segni dei successivi, profondi mutamenti: il settore basamentale, infatti, rivestito di cornici classicheggianti, fu ottenuto ribassando di ben cinque metri il piano originario d’imposta.
L’ingente operazione si era resa necessaria nel corso della prima metà del XIX sec. per ottenere una maggiore altezza interna della chiesa che, nell’occasione, fu profondamente riformata con nuova abside semicircolare, una nuova campata e una nuova facciata.
Il prospetto odierno, infatti, è di chiara impronta tardo neoclassica: corpo centrale preminente coronato di frontone, ali laterali minori raccordate con falda singola al settore centrale e fasce bugnate ricorrenti nel basamento e nei cantonali.
L’interno è frutto di diverse fasi costruttive: l’aula unica coperta di volte ‘unghiate’ dovrebbe corrispondere all’antico invaso già riformato (con l’innesto di volte) tra il XVII e il XVIII sec. Durante i lavori ottocenteschi, oltre all’abside, vi furono aggiunte le cappelle laterali, tre per parte, a pianta rettangolare e con volta a botte.
La riforma produsse la necessità di introdurre nuovi elementi decorativi di partizione (lesene con capitelli ionici) distribuiti a rimarcare la scansione delle campate e i settori del catino terminale. Quindi, nel XX sec., forse in occasione della possa della mensa all’altare maggiore e della riforma dell’altare del Rosario (quest’ultimo su progetto dell’architetto Ugo Zanchetta; 1940-1941), le cappelle laterali furono collegate le une alle altre, creando gallerie laterali percorribili parallele alla navata maggiore.
XI – Secondo la cronaca di Luigi Brambilla, Bogno “nel 1040 aveva un castello che il conte Guilberto vendette al capitolo di Brebbia. Nel 1146 già esisteva la chiesa parrocchiale”. Un elenco dei luoghi sacri della diocesi di Milano (‘Liber Notitiae’, cit.), degli esordi del XIV sec., permette di ricostruire un quadro abbastanza esaustivo dell’articolazione spirituale della località: “memoria […] sancti romani episcopi […] loco bonio. altare sancti viti cum sancto romano”; “bonio altare sancti viti in ecclesia sancte marie”. La chiesa, dunque, era allora già articolata attorno a un rito principale (a Maria) e al non secondario culto di san Vito, destinato a prevalere come identitario nel percorso di autonomia parrocchiale intrapreso nei secoli seguenti. Attorno al 1398, infatti, la “capella” era intitolata a “S. Vitti” ed era già dotata di redditi. La parrocchia, creata solo tra il 1581 e il 1596, fu prima posta sotto la protezione dei Santi Vito e Modesto, quindi, del solo San Vito martire.
XVII – La chiesa descritta negli atti delle visite pastorali del XVI sec. possedeva un campanile, una cappella laterale dedicata a san Romano (secondo le più antiche attestazioni) e un battistero. Su questo organismo furono compiuti importanti lavori, il cui esito fu rivelato una prima volta nel 1748: la navata unica era stata coperta con volte ed erano stati creati due nuovi altari laterali, uno dedicato al Rosario e l’altro a san Giuseppe, che, alla metà del XVIII sec., risultava di recente costruzione.
1833 – L’invaso antico fu profondamente trasformato tra il 1833 e il 1850 con opere di ribassamento del piano di pavimento (di ben 5 metri al fine di ottenere una maggiore altezza interna), di ricostruzione dell’abside, di ampliamento di una campata e di abbellimento interno con nuove lesene e cornici. I lavori culminarono nella posa dell’altare maggiore (di fatto un classicheggiante tempietto innalzato sopra i gradini dell’altare precedente, di fattura settecentesca e opera di una bottega di Viggiù ancora anonima) e di un nuovo pulpito.
1857 – La facciata, rimasta al rustico per l’ampliamento di una campata della chiesa, fu riformata secondo un modello tardo neoclassico redatto dall’ingegnere Galiano Garavaglia, in quegli anni coinvolto nel cantiere per il completamento della facciata della prepositurale dei Santi Alessandro e Tiburzio di Besozzo.
1940 – Nel 1941 il parroco inoltrò all’ufficio d’Arte Sacra della Diocesi di Milano il progetto dell’architetto Ugo Zanchetta per il riordino della cappella della Beata Vergine nella chiesa parrocchiale. Ne rimane documentazione (una cartolina e un disegno) nell’Archivio Diocesano di Milano (ASDMi, Arte Sacra, cart. 27, 1941, prat. 10/41). L’anno precedente, forse per mano dello stesso progettista, era stata installata la mensa dell’altare maggiore (non ancora rivolta al popolo). Nel 1945, infine, fu costruito un ripostiglio a fianco dell’altare.
1993 – L’area dell’altare maggiore fu riformata per adeguamento ai canoni conciliari nel 1993: eliminazione balaustra di separazione coi fedeli; riconfigurazione della piattaforma rialzata del presbiterio; posa di mensa centrale sostenuta su balaustri di marmo di recupero. L’opera completava un generale intervento sulla chiesa, con posa di nuovo pavimento e restauro conservativo delle superfici intonacate esterne e interne.
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