La piccola chiesetta, orientata con abside quadrangolare verso est, oggi è circondata da agglomerati popolari sorti nelle sue adiacenze nel corso dei secoli. Di modestissime apparenze, con unica aula, è famosa per una tradizione da tempo radicata, per cui la Madonna “di prusciom” (dipinta nel quadro lauretano guariva miracolosamente i bambini dalla crosta lattea e da tutte le forme di pustole.
La navata è pavimentata con lastre di Nero di Varenna di antica fattura e la volta a botte leggermente schiacciata è tinteggiata e decorata con stucchi baroccheggianti. Soprastante l’ingresso si imposta un piccolo coro o matroneo con balaustra in muratura e grate in ferro.
Le superfici esterne sono completamente intonacate e tinteggiate. La facciata principale si imposta con gusto cinquecentesco. Due paraste angolari si raccordano con la gronda del timpano. La piazzetta che precede la chiesa è adibita a passaggio e parcheggio pubblico ed è pavimentata con cubetti di porfido posato a ventaglio.
1400 – Varigione è una delle piccole comunità di S.Giovanni ricordata per la prima volta negli Statuti di Lecco nell’anno 1400 col nome di “Varigiono”. Era, come le altre località vicine, un gruppo di cascinali contornati da vigne, allineate
lungo un’antica strada pedemontana, che sfociava nella piazzetta della chiesetta dedicata alla Madonna.
1622 – Nel 1622 si stava ancora lavorando alla chiesa per ultimare gli stucchi della volta, avvicinabili, per la loro bellezza al gusto artistico della Valle d’Intelvi, che sottolineano con una certa leggerezza gli elementi architettonici, come un medaglione rettangolare ove è dipinto l’eterno Padre. Con risultati di grande effetto, essi annunciano la moderna stagione del barocco. È un raffinato complesso, ben diverso ma non molto distante, dal ciclo che ricopre l’interno del S. Giovanni ai morti di Laorca, del 1638.
L’ultimo restauro ha tolto la crosta delle ridipinture di secoli che avevano snaturato il modellato degli angeli e l’intaglio delle cornici.
1746 – Nel 1746 l’arcivescovo Pozzobonelli aveva osservato alcune anomalie ai locali della sacristia, perciò venne completamente rinnovata e la porta fu opera di Antonio Gaggini, forse lo stesso artista luganese che mori a Malavedo nel
1765. Nei lavori, sopra la porta, fu ricavato il deposito delle reliquie, nel
bel mezzo di un affresco settecentesco, probabilmente una Natività di Maria. Una porzione è ancora oggi visibile nel presbiterio.
XXI – La chiesa è stata interessata da recenti interventi di restauro a cura del maestro Giacomo Luzzana che ha messo in luce una serie di lacerti antichi. Il restauratore ha voluto però lasciar parlare i frammenti appartenenti alle diverse epoche, nella loro lingua originaria. Un lavoro archeologico, ma non radicale.
Una prima traccia è addirittura opera di un pittore che si firma sotto un trittico con la Madonna in trono fra i Santi Sebastiano e Rocco. La scena è frammentaria, perché la venerazione ha salvato solo la Madonna affrescata sul muro di fondo della cappella, incorniciata da un apparato barocco. Essa appare dunque opera di “francescho de rogiano”, uno sconosciuto madonnaro della Valtravaglia, venuto a Lecco col suo bagaglio ancora quattrocentesco,
ma con qualche novità a metà strada tra Bergognone e Luini: non deve sfuggire la provenienza da quell’area montana a contatto col luinese.
XXI – Durante l’ultimo restauro è stato rimosso anche uno strato si vernice che ricopriva le statue laterali all’altare maggiore (S. Domenico e S. Rosa da Lima). La tenue colorazione delle carni e delle vesti ora mette in luce l’individuazione espressiva, il panneggio denso, la sintesi delle linee, tutti caratteri che riconducono all’arte di Giovan Battista Barberini di Laino (1625-1691), scultore noto a Genova, Bologna,Mantova, in Svizzera ed Austria. Le statue di Laino sono un riferimento per le nostre che rivelano ancora il fondo compositivo rinascimentale e manierista. Queste statue si inseriscono senza contrasti nella decorazione del primo settecento. Il loculo fu curiosamente composto con materiali marmorei eterogenei, forse di riutilizzo. Le antine intagliate sono di Antonio Badone, del 1753.
Il restauratore ha consolidato anche l’affresco in facciata che rappresenta la Madonna delle Rose.
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