La chiesa di San Bernardino alle Ossa s’innalza sulla piazza di Santo Stefano e compone, con l’insigne basilica, un quadro urbanistico di notevole rilievo, nonostante i pesanti alleggerimenti operati nel corso del Novecento e i massicci bombardamenti subiti dall’area.
Il complesso, come si presenta oggi, è composito per fasi costruttive e ambienti destinati a differenti funzioni: la chiesa vera e propria, la sede della scuola dei disciplini, sin dall’origine ospitata sopra l’edificio sacro, e la cappella ossario giustapposta sul fianco orientale.
La facciata si presenta nelle forme di un edificio civile, così da riunire in un unico disegno architettonico, ideato da Adrea Biffi nel 1679, la doppia destinazione di ingresso della chiesa e di facciata per i soprastanti locali a uso dei disciplini. Si eleva per tre piani ed è scompartita da fasce orizzontali e da lesene verticali.
Ogni piano presenta cinque aperture, con elaborate cornici.
Al piano terreno si aprono i tre portali d’ingresso alla chiesa. I due laterali sono ornati da “timpani spezzati e accartocciati” (Mezzanotte-Bascapè), elaborata opera lapidea a supporto delle statue di san Bernardino, a sinistra, e di sant’Antonio, a destra. Un cornicione con mutuli chiude la fronte sotto il tetto.
Sopra il blocco della costruzione s’innalza l’aereo tamburo, frutto della ricostruzione del tempio da parte di Carlo Giuseppe Merlo (1717-post 1750): ottagonale, con fronti lisce e lesene angolari piatte, percorso da ampi finestroni ovali compresi in un’incorniciatura poligonale, è coperto da falde di tetto rivestite di coppi e coronato da lanternino sommitale concluso da una cupola.
All’interno, un ambulacro rappresenta lo spazio della chiesa antica; da qui, tramite un corridoio, si accede alla cappella ossario. Il vano della chiesa è a pianta ottagonale, con presbiterio rettangolare concluso da coro a terminazione semicircolare.
Sui lati dell’ottagono, precedute da due arcate, si aprono le cappelle laterali dedicate a santa Maria Maddalena e santa Rosalia, con altari “ricchi di linee e di materiale pregiato, marmi colorati e rame sbalzato e dorato” (Mezzanotte-Bascapè). Il medesimo modello trova il culmine nell’altare maggiore.
Le pareti dell’aula sono scandite da lesene composite e concluse da un cornicione su cui si imposta, sopra i pennacchi, la tazza della cupola. All’abbondante illuminazione concorrono anche le due lunette sopra gli altari laterali. Nei lati obliqui dell’ottagono, entro nicchie sormontate da arco centinato, sono ospitati sia le tribune per l’organo (a fianco del presbiterio), sia i coretti a fianco dell’ingresso.
L’ossario s’innalza sull’angusto vicolo di S. Bernardino: la facciata, a due ordini, con portale coronato di timpano triangolare nell’inferiore e finestrone coronato da timpano curvo nel superiore, è raccordata al complesso grazie a due ali in curva.
Lo spazio interno è a pianta quadrata, coperto con un’unica volta a tazza, retta da alti pennacchi sferici così da poter ospitare nelle lunette d’imposta sulle pareti laterali quattro ampi finestroni (uno è cieco) con cornici, modanature e festoni in pietra.
Sulla volta si dispiega un grande affresco di Sebastiano Ricci (trionfo di anime in un volo d’angeli), incursione della vivacità cromatica e della luminosità della pittura veneta in ambito milanese.
L’unico altare ospita una effige dell’Addolorata. La notevole fama dell’ossario, tuttavia, deriva dalla distribuzione, su tutte le pareti e nell’alto zoccolo, di ossa e di teschi (di varia provenienza e datazione) disposti a disegno, a volte legati da nastri di rame dorato a formare festoni che ricorrono nelle lesene, nei fregi della trabeazione e negli ornati che sovrastano il cornicione.
Ne rimase impressionato anche Giovanni V, re del portogallo, di passaggio a Milano nel 1738, a tal punto da volerne costruire una replica a Lisbona.
Le prime origini, tanto dell’Ossario quanto della chiesa di S. Bernardino, risalgono al secolo XIII.
L’andamento ricurvo delle attuali via Monte Napoleone, via Durini e via Larga è ancora quello delle mura cittadine dell’epoca del Basso Impero. Di là delle mura romane, ancora in epoca vescovile, fra le basiliche di S. Babila e quelle di S. Stefano al Verziere e S. Nazaro in Brolo, dobbiamo immaginare un immenso “brolo” adibito in parte a bosco e per il rimanente ad orto, frutteto e giardino la cui zona più folta è riservata alle battute di caccia dell’Arcivescovo e dei suoi ospiti d’onore.
Nel 1145, in questo spazio verde, per munificenza di un cittadino milanese, Gotifredo da Busserò, venne edificato un ospedale poco discosto dalla basilica dì S. Stefano presso l’attuale via Brolo.
Davanti alla basilica fu costruito un cimitero per seppellirvi coloro che morivano in questo ospedale; ma dopo pochi anni lo spazio disponibile si dimostrò insufficiente.
Nel 1210, in fondo al cimitero presso il vicolo che fiancheggia la basilica, venne eretta una camera per riunirvi le ossa esumate dal cimitero stesso.
Nel 1268 il Priore e i Fratelli che reggevano l’ospedale, fecero edificare vicino all’Ossario una piccola chiesa dedicata alla passione di Maria Vergine, a S. Sebastiano e a S. Ambrogio. Una confraternita di persone laiche, detta dei Disciplini, soggetta alla basilica di S. Stefano, nel 1340 ottenne di poter costruire sopra la chiesetta un Oratorio per compiere le funzioni prescritte dal pio Sodalizio e per custodire l’Ossario e la sottostante piccola chiesa, alla quale aggiunse il nuovo patrono S. Bernardino da Siena, dopo che nel 1450 fu innalzato agli onori degli altari.
Il campanile della basilica dì S. Stefano che stava davanti all’Ossario, nel 1642 crollò, trascinando nella rovina non solo l’Ossario ma anche la chiesetta. Questa fu subito ricostruita, ma l’Ossario fu rifatto dalle fondamenta e terminato solo nel 1695, ed è quello che esiste ancora oggi.
La confraternita ebbe cura di adornare il nuovo Ossario: negli anni 1693-94 fece affrescare dal veneto SEBASTIANO RICCI la cupola ed i pennacchi; e questa decorazione è l’aspetto artisticamente più rilevante di questa cappella-Oratorio.
Nella volta a forma di tazza sono dipinte le anime purganti che ascendono alla gloria del Paradiso fra una moltitudine di Angeli; nei pennacchi le apoteosi di quattro santi.
Accanto a questa importantissima opera della pittura veneta-barocca a Milano, che apre la strada all’attività milanese del Tiepolo, la cappella-Ossario presenta un altro motivo di interesse non secondario. Le pareti interne dell’edificio a pianta quadrata sono quasi completamente ricoperte da teschi e ossa che si trovavano nell’antico Ossario assieme a quelle che vennero esumate dai cimiteri soppressi dopo la chiusura dell’ospedale, avvenuta nel 1652 per disposizione dell’amministrazione dell’Ospedale Maggiore, cui era stato aggregato circa due secoli prima.
Tutte le ossa furono disposte nelle nicchie, sul cornicione, adornando ì pilastri, fregiando le porte. In questo motivo decorativo il senso macabro si fonde singolarmente con le grazie del rococò. Sopra l’unico altare in marmi pregiati con gli emblemi della passione di Gesù Cristo fu collocata, in un’apposita nicchia, una statua di Nostra Signora Dolorosa de Soledad (S. Maria Addolorata), vestita di un camice bianco, coperto da un manto nero ricamato in oro, con le mani giunte, inginocchiata presso Gesù morto. Eseguita nella metà del sec. XVIII durante la dominazione spagnola da GEROLAMO CATTANEO e dedicata da CLELIA GRILLO BORROMEO è simile a Madonne esposte nelle chiese di Siviglia, Toledo e altre città della Spagna.
Non regge alla critica storica la tradizione che molte delle ossa qui esposte siano di cristiani uccisi dagli eretici ariani nel tempo in cui S. Ambrogio era vescovo della Chiesa milanese, tradizione che giustifica un culto arrivato ai limiti dell’ortodossia. Quindi queste ossa non possono essere ritenute di Santi o di Martiri ma semplicemente di:
– persone povere inferme morte sui pagliericci del vecchio ospedale del Brolo,
– Priori e Fratelli che lo dirigevano, condannati alla decapitazione,
– carcerati morti nelle prigioni dopo che nel 1622 il loro apposito cimitero risultò insufficiente,
– appartenenti alla più alta nobiltà milanese che riposavano nei sepolcri gentili – delle chiese vicine,
– canonici della basilica di S. Stefano.
Ma i milanesi chiamarono l’ossario “degli Innocenti” e lo circondarono di grande venerazione. E poiché i fedeli aumentavano sempre più, la Confraternita dei Disciplini decise di avere presso l’Ossario una chiesa più ampia: fece allora costruire nel 1750, a sinistra dell’Ossario, l’attuale chiesa di S. Bernardino, utilizzando la vecchia chiesetta come atrio della nuova. Da quel momento tutti la chiamarono S. Bernardino dei Morti o “alle ossa “.
Il 3 giugno 1786, dopo la soppressione dei Disciplini, il Regio Demanio prese possesso di ogni proprietà della Confraternita, sottraendola alla giurisdizione parrocchiale di S. Stefano.
Nel 1929 dopo i Patti Lateranensi il tutto ritornò alle dirette dipendenze dell’Autorità Ecclesiastica.
Gli architetti costruttori della chiesa settecentesca furono A. BIFFI e C.C. MERLO. L’interno, di linee armoniche e di una piacevole grandiosità, è chiuso in alto da un cupolone. Il vaso di chiesa è preceduto da un ambulacro da cui si accede alla nave, salendo alcuni gradini. In questo ambulacro esistono, a sinistra, una tela raffigurante S. Antonio e S. Francesco ai lati di un Crocifisso del pittore PONTOJA, e a destra, incassato nella parete, un bassorilievo con l’effige di S. Ambrogio del 1400.
Alla parete un altare con la famosa “MADONNA PELLEGRINA” che negli anni ’50 nei cortili, nelle piazze, sulle strade, negli stadi, fu al centro di una grande devozione.
Nella cappella a destra dell’unica nave vi è un altare barocco di marmo con una pala raffigurante S. Maria Maddalena in casa del fariseo, opera di F. FERRARIO.
In questa cappella, dal 1768, vi è una tomba di famiglia di alcuni discendenti, in linea materna di CRISTOFORO COLOMBO (Pietro Antonio e Giovanni di Portogallo Colon Conti della Puela e della Veragua).
Sulle cornici laterali all’altare vi sono gli stemmi della famiglia con il motto “COLON DIEDE IL NUOVO MONDO ALLA CASTIGLIA E AL LEON”.
La cappella a sinistra è dedicata a S. Rosalia con una tela raffigurante la Santa con un angelo del CUCCHI.
Ai lati dell’altare in marmo, di buona fattura, vi sono due dipinti eseguiti da PAOLO DA CAILINA (XVI sec.) provenienti dalla demolita chiesa di S. Giovanni Decollato alle case rotte.
Nella nicchia, tra la cappella di sinistra e l’altare maggiore, un dipinto su tavola raffigurante la Madonna della Passione, Santi, tra cui S. Ambrogio, S. Rocco e S. Bernardino da Siena del pittore GABRIEL BOSSIUS (1513).
All’altare maggiore vi è un’ancona rappresentante la Madonna col Bambino dell’AMADEI (?).
Ai due lati, due grandi quadri: a destra, S. Ambrogio orante durante la battaglia di Parabiago; a sinistra, S. Carlo che somministra l’eucarestia agli appestati, dipinti dall’Abate OTTOLINI. Davanti all’altare maggiore vi è una grata da cui si intravedono dieci scalini che portano ad una grande cripta. Qui vi è il sepolcreto dei Disciplini. Ha la forma di un pentagono irregolare con volte a botte. Lungo ì lati sono disposte ventuno nicchie, dalla forma degli stalli di un coro, in muratura, su cui venivano adagiati i Confratelli defunti, avvolti nel loro saio simile a quello dei francescani, col volto coperto dal cappuccio, senza ornamento alcuno, col solo nome scritto su tavolette collocate sul loro capo.
A destra dell’altare maggiore, nel corridoio che porta all’uscita di via Verziere, vi era un grande quadro di G. Manzoni raffigurante S. Lucio martire protettore dei “FURMAGIATT” (fabbricanti di formaggio) i quali avevano in questa chiesa la loro confraternita (ora il quadro è stato ritirato perché ammalorato. Dovrà essere restaurato).
Nel 1738 Re Giovanni V del Portogallo fu tanto colpito dalla cappella-Ossario che la fece copiare in ogni particolare per erigerne una simile a Evora, vicino a Lisbona.
La chiesa e l’ossario sono stati completamente restaurati tra il 1998 e il 2002 grazie all’impegno del comitato “progetto San Bernardino”, del Rettore del Santuario e dei suoi collaboratori.
Un ringraziamento particolare alla Fondazione CARIPLO per il contributo.
Cosa vedere
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