La parrocchiale dell’Invenzione di Santo Stefano Protomartire si offre, sin dall’intitolazione, come chiave interpretativa sulla profonda e radicata religiosità di Mombello.
Nonostante la veste moderna, prevalentemente frutto di una ricostruzione seicentesca, infatti, la chiesa conserva all’interno brani affrescati del paliotto del primitivo altare, da riferire a piena età romanica.
La facciata è novecentesca, con portico e serliana centrale.
L’interno si sviluppa ad aula unica con quattro cappelle laterali, già previste nel riordino seicentesco del luogo sacro, e profondo presbiterio rettangolare, primo tassello della riforma del tempio già in cantiere, forse, alla fine del XVI sec.
Proprio nel presbiterio si concentrano i più alti valori simbolici, decorativi e artistici della rinnovata chiesa: l’altare maggiore, esito di alta perizia artigianale per intagli e dorature, è coronato da una galleria di affreschi opera della bottega di Giovanni Battista Avogadro, trionfo, ad un tempo, dell’ascesa della comunità e dei destini intrecciati delle principali famiglie nobili.
Dipinti tra il 1610 e il 1612, i riquadri illustrano prevalentemente episodi della vita del santo titolare, con una “forte impronta catechetica, impostata sulla sequela rigorosa stile Catechismo tridentino (1566); ma comunque qualificata da una forte mariologia, giacché la Vergine risalta con forza nel presbiterio” (Spiriti). Nel 1619, l’Avogadro fu richiamato a Mombello per un ulteriore affresco terminato nel 1620 nella cappella laterale del Rosario.
Vi si riconosce l’offerente (un esponente della famiglia Besozzi, che tanta parte aveva giocato e ancora giocò nei secoli successivi nella storia sociale e spirituale del borgo) inginocchiato ai piedi della Vergine, raffigurata, forse per la prima volta in ambito ambrosiano, secondo il modello della Madonna di Loreto, ossia in piedi, fasciata da una lunga veste percorsa dalle corone del rosario a cintura e tiara papale.
L’opera è anche l’ultima nota di Giovanni Battista Avogadro, morto di lì a poco.