Chiesa della Purificazione di Maria (LAVENO MOMBELLO)

Diocesi di Milano - chiesa sussidiaria - Lombardia

Laveno-Mombello - Via Corte - VA - 21014

0332/667805

Le informazioni riportate, in tutto o in parte, sono riprese da BeWeb, la banca dati dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI , implementata dalle diocesi e dagli istituti culturali che hanno concluso il rilevamento e la descrizione del patrimonio sul proprio territorio. Quanto pubblicato è da intendersi work in progress e pertanto non esente da eventuali suggerimenti per essere migliorato e reso più efficace.

XIII – La chiesa è menzionata nel ‘Liber Notitiae Sanctorum Medioani’, redatto agli esordi del XIV sec., come semplice “ecclesia Sancti Marie”. Quindi, nelle fonti successive, compare con più complessa intitolazione di S. Maria “de curte”. Il toponimo è stato ipoteticamente collegato da Leonida Besozzi a un centro agricolo e amministrativo di età, addirittura, franca; ma l’attuale edificio e la località non conservano, allo stato delle indagini, testimonianze di così rilevante antichità, se non per la continuità documentale – già rilevata dal Besozzi – di “capitanei all’inizio del ’300” ancora idealmente collegati al primitivo stanziamento di una curtis. La chiesa odierna, del resto, è frutto di una ricostruzione operata nel XVI sec. e le uniche porzioni più antiche, come ha giustamente rilevato Silvano Colombo già nel 1974 (cit. in “Santa Maria di Corte a Mombello”, 1993), non presentano elementi decorativi o tecnico costruttivi sufficienti per una corretta datazione.
XVI – Difficile stabilire una cronologia per le successive fasi edilizie. L’abside medievale era ancora conservata nel 1569; l’aula dei fedeli, invece, si presenta come l’esito di una riedificazione parziale in continuità con un nuovo coro quadrato, ricostruzione che, lasciato in essere il muro meridionale (di maggiore spessore e dove ancora si apre l’unica monofora ad arco di una qualche antichità), avrebbe portato alla riconfigurazione sostanziale dell’ambiente. Una data scolpita sul rozzo architrave (1542) sembra far propendere per un’operazione di generale rivisitazione del tempio avviata prima nella navata e poi estesa al coro.
1581 – Silvano Colombo (“Santa Maria”, cit.) individua correttamente nel coro attuale della chiesa una “terminazione su impianto tipicamente gotico, cioè quadrato”. È indubitabile, tuttavia, che l’andamento della primitiva abside fosse in essere nel 1569 (“altare est ad formam emiciclis”) e ancora nel 1574, quando Carlo Borromeo, in visita nei luoghi, stabilì che le pitture antiche fossero rinnovate (“se renovino le pitture guaste nella cappella del altar grande”). Lo stesso Colombo, del resto, notò verso la metà del presbiterio quadro l’innesto della “classica curvatura dell’abside romanica”. Solo nel 1604, Federico Borromeo descrisse il nuovo assetto del settore terminale della chiesa, ornato con un dispiegamento di santi dipinti sotto una Crocifissione. L’ipotesi più attendibile, dunque, è che i lavori al coro siano stati intrapresi dopo il 1574 e fossero in corso nel 1581, quando la chiesa non fu visitata da Carlo Borromeo perché in cattive condizioni, forse inagibile per il cantiere.
1978 – Nel 1977 sorse un comitato pro restauri chiesa, ma già nel 1976 don Mario Turati aveva incaricato di fatto l’arch. Bruno Ravasi di un progetto. Il cantiere, avviato nel 1978, fu concluso nel 1982 con la consacrazione della nuova mensa. Le opere, di fatto, portarono alla demolizione della volta sopra l’aula fedeli (una botte assai ribassata, forse del XVII sec.), al ripristino di un tetto con capriate a vista, all’obliterazione di un precedente intervento (non documentato) che aveva “fatto assumere una fisionomia equivocamente romantica con l’inserimento di due false bifore [….] in graniglia di cemento” e aveva disteso sulla volta a crociera del presbiterio una decorazione di vago sapore storicista, alla posa del pavimento, al restauro degli affreschi del coro e alla riforma del presbiterio in omaggio alle norme conciliari. Qui fu collocata come mensa un’ara antica (probabilmente d’età tardo romana), recuperata nella chiesa parrocchiale di S. Stefano, là reimpiegata almeno dal XII sec.

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