La chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta si affaccia sul fondovalle, incastonata su uno sperone di roccia fra la “Rocca di S. Michele” e il “Dosso del Sassòlt”, a 370 m. di quota s.l.m.
Distante dal paese alcune centinaia di metri, la chiesa con la vasta piazza, la canonica, il campanile, l’oratorio dei Confratelli e i cortili occidentali – ove un tempo era il cimitero – costituisce un insieme grandioso a sè stante.
Un porticato secentesco fa da pronao all’ingresso principale alla chiesa, situato verso il centro del paese e costituito da un ampio portale di marmo, munito di una porta in noce riccamente scolpita. Sopra il portale un affresco raffigura la Vergine Assunta, a cui la chiesa è dedicata.
Lungo le fiancate laterali dell’edificio si trovano due ingressi secondari; quello a occidente è detto di Regoledo, perché un tempo gli abitanti di quella frazione entravano in chiesa da tale porta; l’altro ingresso laterale si trova dal lato della canonica ed è in corrispondenza all’accesso della grande sacrestia e al campanile.
L’interno della chiesa presenta sobrie decorazioni realizzate in gesso. La tinteggiatura dell’edificio, basata sul colore beige, conferisce luminosità e senso di raccoglimento. Le pitture che ornano la tazza absidale e la piccola cupola del presbitero risalgono al 1944 e sono opera del pittore Carlo Maria Mauri. Queste decorazioni, eseguite con la tecnica dell’encausto, hanno sostituito quelle settecentesche del bormiese Canclini, di maggior pregio, deteriorate per infiltrazioni d’acqua piovana.
Notevoli sono le figure dei quattro Evangelisti, che si trovano sui peducci della grande cupola, del pittore luganese Giovan Battista Colombo (1791).
Sopra i due ingressi laterali si affacciano due pulpiti in muratura, ornati in stucco. Vi sono, oltre all’altare maggiore, sei altari laterali.
Sopra l’ingresso principale è sistemato l’organo con annessa ampia cantoria; la parte in legno è opera cinquecentesca di un artigiano valtellinese.
Opera di grande valore e pregevole fattura è il coro, opera di Giovanni Schmit di Lipsia: su due cartigli posti sulle lesene terminali si legge a sinistra: “JOHAN (n) ES – SCHMIT – VON – LEIPZIG – FECIT”; a destra: “F.P.A.B. – Anno 1648”. Si tratta di dodici stalli disposti a semicerchio, secondo la curva dell’abside attorno alla cattedra arcipretale, con uno sviluppo perimetrale complessivo di m. 10,50 circa e altezza di m. 2,80. Sono distinti fra loro da robusti braccioli finemente lavorati; i dossali, disegnati a forma di piccoli tabernacoli, sono sostenuti da cariatidi. I pannelli che fanno da schienali (cm. 64 x 13) presentano motivi decorativi a intarsio di paesaggi, fiorami, sirene e figure maschili con corpi di pesce. Nella cattedra arcipretale campeggia intarsiato lo stemma dei Parravicini, il cigno bianco, e attorno ad essa corre l’iscrizione: FRANC (iscu) S – PARACI (cinu) S DE ARDENO ARCH (i) P (res) B (yte) R – PLEBIS – BERBENI ET – VIC (arius) S FORANEUS. Era quindi arciprete della pieve di Berbenno Francesco Parravicini di Ardenno, quando lo Schmit eseguì il coro.
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