La chiesa dei Santi Primo e Feliciano sorge nel centro di Leggiuno, rilevata su una piattaforma cinta, in parte, da un muro di pietra. L’edificio attrae per l’antichità dell’impianto, che alcuni vogliono coevo all’atto di fondazione tramandato fortuitamente, sino ai nostri giorni sia per via documentale, sia grazie a una lapide interna. Il documento, noto da secoli in varie trascrizioni e recentemente sottoposto a esegesi grazie ad un accurato studio di Pierangelo Frigerio e Pier Giacomo Pisoni, rimanda all’atto di donazione da parte del vasso regio Eremberto che nell’846 donava alla chiesa, da lui fondata poco avanti nel tempo con intitolazione a San Siro, alcuni beni e le reliquie dei santi Primo e Feliciano, avute per mano di papa Sergio II. I fatti sono riassunti anche da un’epigrafe immurata nella parete di fondo del presbiterio, forse posteriore di qualche decennio perché vi si tramanda un errore di datazione (DCCCVI, anziché DCCCXLVI). Altre epigrafi consentono di associare i sepolcri interni presso la facciata destinati sin dall’origine al fondatore e ai famigliari, un ceppo gentilizio di origine probabilmente franca, stanziato nei luoghi e destinato a perdurare, tramite la continuità con la famiglia de Besutio (Castelbesozzi/Besozzi) nei secoli. L’edificio si presenta con una facciata a capanna rafforzata da due pilastri angolari. Il portale, con lunetta in cotto a sesto acuto, e l’oculo sovrastante sono frutto di un intervento quattrocentesco. Ai lati, s’innalzano due colonne tardo-antiche, di difficile datazione e provenienza, innalzate nell’attuale posizione probabilmente nel 1633. Quale che ne sia l’origine, si tratta, come ha di recente suggerito Silvano Colombo, di due elementi di recupero probabilmente già assegnati al decoro dell’edificio sacro da parte del suo fondatore, nell’ambito di una rinnovata attenzione per la classicità seguita alla “rinascita” carolingia. L’interno della chiesa si articola in due sole campate che, al di là di differenti opinioni sulla cronologia degli alzati (coeva all’atto di donazione, per alcuni; da assegnare al Mille, per altri), trova nell’impianto ad aula un modello pre-romanico trasmesso con continuità nel tempo. La seconda campata è adibita a presbiterio, ornato di una transenna marmorea ottenuta dal reimpiego di elementi romani. Gli studiosi sono concordi nell’assegnarne l’introduzione nel sacello sin dai tempi di Eremberto. Sulla parete di fondo campeggia un polittico affrescato realizzato attorno al 1633 da Antonio Mondino. Sulla parete laterale del presbiterio, un secondo ciclo di affreschi è più antico (XV sec.) e conserva memoria, tramite la raffigurazione di san Siro accanto ai santi Primo e Feliciano, della più antica dedicazione del luogo di culto. L’edificio è orientato. Il campanile (concordemente ritenuto del XI sec.) si appoggia al fianco nord del presbiterio; la sacrestia seicentesca, forse in parte su strutture più antiche, al fianco sud.
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