La chiesa sorge nel complesso della frazione di Domo, già centro plebano di rilevante antichità e di riferimento per l’intero territorio dell’alto Verbano Lombardo. In questo contesto, S. Stefano avrebbe svolto il ruolo di piccolo oratorio per le funzioni invernali, accanto alla chiesa “grande”, ancora conservata, ancorché alterata, adatta alle cerimonie estive, e ad un battistero recentemente ripristinato all’antico uso. L’attuale S. Stefano corrisponde al solo presbiterio della chiesa ricostruita probabilmente tra XIV e XV sec.; la navata, infatti, fu trasformata in casa coadiutorale nel corso del XIX sec. Pertanto, lo spazio oggi dedicato alle funzioni si articola su una pianta sostanzialmente quadrangolare e si conclude con una bella volta a crociera costolonata innestata a considerevole altezza. Le murature sono in pietrame misto, a sezione normalizzata. L’ingresso è rivolto alla piazza pubblica interna al complesso per mezzo di una scalinata e di una bella porta di sapore rinascimentale, che immette direttamente nel ridotto presbiterio. Di rilevanza, in relazione ai luoghi, il ciclo affrescato che si sviluppa sulle tre pareti superstiti del presbiterio e sulle vele della volta: vi sono raffigurati, tra i soggetti riconoscibili, i Padri della chiesa latina e gli Evangelisti (sulla volta), una grande Crocifissione (parete absidale) e, sulla parete laterale meridionale, una Discesa al Limbo. Una fascia interiore di raccordo presenta una teoria di Apostoli. Si tratta di lavori degli esordi del XVI sec., in parte attribuibili ad una bottega di frescanti locale (diretta da Guglielmo Jotti da Montegrino), in parte ancora da riscoprire sotto gli scialbi eseguiti alla fine del XIX sec.
X – La possibilità di retrocedere almeno al X sec. la fondazione della chiesa di S. Stefano è permessa dalla sopravvivenza, nel centro plebano di Domo, entro il quale sorge la chiesa stessa, di un edificio autonomo ad uso di fonte battesimale, conservatosi ancora leggibile nelle caratteristiche riferibili ad età protoromanica. Col battistero e la chiesa plebana di S. Maria Assunta (oggi parrocchiale), S. Stefano componeva un complesso che replicava, in modi semplici, gli schemi adottati nei centri maggiori e che prevedevano, accanto al battistero, una chiesa grande in funzione di chiesa estiva e una chiesa più piccola, per le funzioni invernali, quale, per l’appunto, sarebbe stata S. Stefano.
XIV – I caratteri attuali dell’edificio e la mancanza di studi approfonditi non aiutano a determinare se, nelle forme attuali, la chiesa sia frutto di una fase costruttiva di rilevante antichità o, invece, di una risalente alla fine del XIV sec. o all’inizio del secolo successivo. La presenza di un solido abside quadrangolare, innestato su un’aula fedeli rettangolare, infatti, è elemento che induce tanto a pensare ad una ricostruzione tre o quattrocentesca, tanto a moduli diffusi tra alto e basso medioevo. Sembra deporre a favore di una datazione più recente la bella porta d’ingresso, coronata da un attico classico, che parrebbe lavoro quattrocentesco eseguito in contemporanea con importanti lavori interni (inserimento di volte a crociera sul presbiterio) e di rilevanti cicli affrescati .
XVI – Il presbiterio, oggi l’unico settore della chiesa ancora dedicato a funzioni sacre, presenta una ricca decorazione affrescata eseguita nei primi decenni del XVI sec. e, oggi, per buona parte, attribuita all’intervento della bottega di frescanti locali diretta da Guglielmo Jotti da Montegrino.
1849 – A partire dalla metà del XVII sec., l’oratorio venne adibito ad uso di cappella per le sepolture, in appendice al cimitero che si estendeva tra il medesimo, la plebana di S. Maria Assunta e il battistero. Ciò determinò la progressiva decadenza, sino a che, nel 1849, fu soppresso e la metà corrispondente all’aula fedeli trasformata in casa coadiutorale. In tal modo, furono occultati e danneggiati alcuni cicli di affreschi presenti sulle pareti laterali dell’aula fedeli e sopra l’arco trionfale.
1894 – I lavori per l’adattamento a casa coadiutorale risparmiarono la cappella maggiore che, nel 1894, fu riaperta al culto sotto il titolo di S. Luigi. Purtroppo, fu questa l’occasione per maldestri adattamenti, tra cui lo scialbo di tutte le pareti del presbiterio sulle quali si erano sino ad allora conservati estese porzioni dei cicli affrescati cinquecenteschi.