La chiesa dedicata alla patrona di Martinengo è di origine longobarda. Tuttavia di questa struttura più antica non rimane nulla, soppiantata dall’edificio quattrocentesco realizzato su commissione del Consiglio Generale da Tonino da Lumezzane; lo stile era quello gotico lombardo, con facciata a capanna e mattoni a vista. La facciata e l’interno che vediamo oggi sono però il frutto di un ulteriore rifacimento, rispondente al nuovo gusto ottocentesco, progettato dall’architetto milanese Giacomo Bianconi. Qui il bianco dei materiali e l’eleganza delle forme neoclassiche esterne contrastano con la sontuosità quasi barocca dell’interno. Ma girando intorno all’edificio si può ancora vedere la struttura del XV secolo, che si è conservata.
Da menzionare assolutamente il campanile cinquecentesco, rialzato nel 1901 con un padiglione ottagonale in stile liberty e sormontato dalla statua del Redentore, realizzata con l’innovativa tecnica della galvanoplastica.
Si presume che la prima chiesa dedicata alla santa catanese sia stata costruita nel VI secolo, ma le notizie relative a questa sono piuttosto scarse.
La Chiesa Parrocchiale di Sant’Agata che si vede oggi è il risultato del massiccio restauro compiuto dal 1826 dell’edificio rinascimentale voluto dal Consiglio Generale del Comune – che ancora sussisteva nonostante il governo fosse affidato al Podestà della Repubblica di Venezia.
La facciata neoclassica, di dimensioni imponenti, bianchissima, bianchissima e imponente, è stata realizzata tra il 1848 e il 1867 su progetto dell’architetto Giacomo Bianconi il quale, sull’onda del rinnovato gusto per la romanità, prende spunto dagli antichi archi di trionfo, scandendo lo spazio in tre arcate decorate con festoni, bassorilievi, lunette e riquadri che illustrano il martirio della santa.
L’interno, suddiviso in tre navate, è interamente rivestito di marmi, e arricchito con stucchi e dorature: il tutto gli conferisce un aspetto sontuoso e baroccheggiante. Ospita numerose opere degne di nota, fra cui Sant’Agata visitata da san Pietro in carcere di Ponziano Loverini.
Girando intorno all’edificio si può invece osservare la struttura del XV secolo, che si è conservata. Costruita da Tonino da Lumezzane secondo i parametri del gotico lombardo, presenta una linea molto semplice, con mattoni a vista, finestre ogivali, decorazioni ad archetti pensili in terracotta. La facciata era a capanna: la si può vedere in alcune fotografie del primo Ottocento e ce ne si può fare un’idea guardando la facciata dell’ex Convento di Santa Chiara, risalente all’incirca alla stessa epoca.
Dello stesso stile il campanile, del XVI secolo, innalzato nel 1901 da Virginio Muzio con un tempietto ottagonale disegnato secondo i parametri dello stile liberty, fino a raggiungere i 55 metri. Sulla sua cima Giuseppe Riva ha posto una statua dorata di Cristo Redentore, il quale, con la mano protesa verso est, protegge i campi e i contadini, le cui donazioni avevano sovvenzionato la sua realizzazione. La statua è realizzata utilizzando l’innovativa tecnica della galvanoplastica, un processo elettrochimico che permette di modellare il metallo tramite elettrolisi.
Dal corridoio interno alla destra del presbiterio è possibile accedere alla piccola chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena, già sede della confraternita dei Disciplini, in cui si possono ammirare affreschi quattrocenteschi.
XII – un’antica tradizione vuole che la prima parrocchiale di Martinengo fosse la chiesa del SS. Salvatore, oggi detta di S. Fermo, fuori la cerchia medievale
1320 – l’attuale chiesa sarebbe stata fondata nel 1320, pochi anni prima che papa Giovanni XXII, con bolla del 22 settembre 1330ponesse Martinengo sotto il dominio e la protezione della sede apostolica, sottraendo il suo territorio e la sua gente da ogni potestà temporale
1451 – il 17 aprile, la comunità deliberava di ampliare la chiesa. Il progetto fu approvato dal Podestà Guardino Colleoni, previa autorizzazione del vescovo Barozio. Si trattò in effetti di una vera e propria ricostruzione su pianta nuova, in stile gotico a tre navate e a sei campate, articolate da imponenti pilastri, parte in blocchi in pietra di Bagnatica e parte in cotto
1785 – la parte absidale, già decorata con stucchi di Matteo Camuzio, venne sistemata dall’architetto Bianconi
1826 – iniziarono i lavori di ammodernamento che trasformarono in stile impero le originarie strutture gotiche, con la correzione degli archi, lo sfondamento delle cappelle, il rivestimento in scagliola dei pilastri e la decorazione generale
1848 – venne costruita la monumentale facciata in marmo di Zandobbio e marmo di Rezzato
1910 – il 7 febbraio, il vescovo Radini Tedeschi consacrò l’altare maggiore
1940 – la chiesa venne consacrata il 30 marzo dal vescovo Adriano Bernareggi, conservando l’antico titolo di S. Agata vergine e martire, le cui reliquie furono incluse nell’altare maggiore con quelle dei santi Adriano e Giovanni Bosco
1948 – furono installati gli sbalzi in rame della porta centrale, realizzati dall’artista Attilio Nani
1966 – vengono ritinteggiati i prospetti laterali della chiesa
1970 – viene presentato il progetto di nuovo impianto di riscaldamento
1975 – vengono restaurate e consolidate le statue poste in facciata
1976 – il castello campanario viene elettrificato
1978 – eseguiti lavori di sistemazione della copertura della chiesa
1983 – rifacimento degli intonaci
1989 – viene presentato il progetto per la sistemazione della zona presbiterale
2015 – la facciata è sottoposta ad un generale intervento di restauro
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