La chiesa di S. Maria della Consolazione si affaccia sul settore meridionale di largo Cairoli, davanti a un quadrilatero alberato da poco dedicato a Maria Callas. La facciata, di gusto accademico, è frutto di un cantiere completato tra il 1833 e il 1836. Si sviluppa a due ordini, con pronao a tre arcate tra lesene ioniche, campitura centrale percorsa da lesene, con capitelli compositi di sapore ‘bramantesco’ e finestre ad arco, e frontone triangolare centrato da un oculo e ornato di statue. L’interno è a una sola navata, scandita in quattro campate da lesene corinzie scanalate, con quattro cappelle per lato e copertura con soffitto piano a lacunari. Ogni campata, delimitata dalle alte lesene che si sviluppano a doppia altezza, comprende l’arco d’accesso alla cappella laterale e un cleristorio, con finestra centrale (in asse con l’arco) e due edicole laterali per ospitare alcuni dipinti. Le cappelle sono coperte con volta a botte e sono unite una all’altra da passaggi minori. L’arco trionfale, pure delimitato dalle lesene, presenta nelle lunette altri dipinti. Il presbiterio si sviluppa in forma quadrangolare, con copertura piana e lacunare centrale ottagonale. Sull’altare si conserva una Deposizione di scuola lombarda del XV sec. Il ritmo delle lesene prosegue in controfacciata (dove inquadra la cantoria e la bussola, del 1835) conferendo all’ambiente l’aspetto di una ridefinizione estetica che, sotto la regia unitaria dell’architetto Giovanni Battista Chiappa, ha comunque rispettato gli elementi distintivi della chiesa cinquecentesca, almeno secondo la disposizione descritta dal Torre nel 1674: navata unica con quattro cappelle per lato, soffitto piano a cassettoni (inconsueto nell’edilizia religiosa ambrosiana), cleristorio con successione di nicchie per ospitare immagini sacre. Nell’altare laterale della Madonna (II a sinistra) si custodisce una seconda immagine di grande devozione popolare, già venerata nel primo edificio che sorgeva nei luoghi nel corso del XV sec. (scomparso), quindi solennemente traslato nella chiesa attuale ricostruita negli ultimi decenni del XVI sec., infine ricollocato nell’ancona che ancora si ammira. Alcune fonti tramandano che il duca di Milano, Galeazzo Maria Sforza, al quale si deve la concessione alla costruzione del primo oratorio quattrocentesco “per aversi propizia la Vergine nelle sue disavventure, diede all’Oratorio il titolo di S. Maria della Consolazione” (Bosca, cit. in Ponzoni).
1471 – Un primo edificio sacro è documentato nell’area marginale del Castello di Porta Giovia (Castello Sforzesco) in luogo di alcuni ambienti della rocca viscontea, costruita nel 1358 da Galeazzo II Visconti e demolita nel 1378 dalla folla inferocita alla morte del tiranno. Nel 1481 Galeazzo Maria Sforza concesse nuovamente il sedime per edificare una chiesa dedicata alla Madonna della Consolazione: “1481, Die quartodecimo Augusti iacta sunt fundamenta Sacelli divae Marie cognomento Consolazione […] ante porte Jovis”, secondo la “Chronica” del 1492 di Donato Bosso citata da Luciano Patetta, che pure riporta altre fonti coeve che consentirebbero di retrocedere la data della concessione al 1471.
1488 – Secondo le medesime fonti, la chiesa (dove si conservava un’immagine miracolosa che ancora sopravvive) sarebbe stata consacrata nel 1484, concessa agli agostiniani di S. Maria Incorona nel 1487 (per altre fonti nel 1492; in ogni caso i nuovi rettori avrebbero aggiunto un piccolo convento) e destinata nel 1488 a ospitare pure una scuola di deputati laici. Nello stesso 1488 ancora Gian Galeazzo elargì una consistente donazione per accelerare i lavori, lavori che, nonostante il rinnovarsi dei lasciti nel tempo, alla fine del XV sec. erano ben lontani dalla conclusione. Nel 1492, ad esempio, si ha addirittura notizia di una “riedificazione” (Patetta).
1581 – La creazione del complesso lungo il fronte esterno del fortilizio milanese (a lungo la chiesa ebbe denominazione di Madonna o S. Maria al Castello), continuamente sottoposto a rinforzi e ampliamenti in relazione a necessità belliche, segnò irrimediabilmente le sorti della chiesa quattrocentesca che fu abbattuta e costruita sul sito attuale tra il 1581 (nella “primavera” di quell’anno la chiesa “trovossi forzata a rinunziare l’antico seggio, per cedere quel sito all’ampiezza delle mura che furono aggiunte al Castello”, secondo la testimonianza di Carlo Torre, cit. in Patetta) e il 1588 (anno della cerimonia di trasferimento dell’immagine devozionale nella rinnovata sede e della consacrazione per mano del card. Gaspare Visconti), a cura dei padri agostiniani, con convento annesso.
1815 – Nel 1815 fu ricostruito l’altare laterale nella seconda cappella a destra, secondo il progetto presentato il 22 marzo 1815 da Giuseppe Pollack alla commissione d’ornato della città (Archivio Storico del comune di Milano, fondo Ornato Fabbriche, I serie, cart. 14).
1825 – L’edificio come appare oggi è il risultato di successivi interventi architettonici e decorativi avvenuti tra il 1825 (III altare laterale a sinistra, per incorniciare una pala di Gaudenzio Ferrari) e il 1833-1836, quando fu completata la facciata su disegno dell’architetto Giovanni Battista Chiappa. La chiesa fu rivisitata quasi completamente, soprelevando le murature d’ambito e traslando l’imposta e il colmo del tetto, come è evidente nel gruppo di disegni predisposti dall’architetto Chiappa conservati nell’Archivio Storico del comune di Milano (fondo Ornato Fabbriche, I serie, cart. 14) che documentano anche lavori interni (cantoria e bussola; il III altare laterale a destra, con monumentale ancona per la pala di Enea Salmeggia) eseguiti nel 1835. Il convento era stato soppresso nel 1796 ed è scomparso.