La chiesa presenta un impianto basato su rigorose proporzioni ad quadratum, che richiamano quelle di Santa Maria del Carmine a Pavia, progettata dallo stesso Bernardo da Venezia e i cui disegni furono utilizzati come modello per il complesso carmelitano a Milano.
Correttamente orientata ha impianto a croce latina, la larghezza del transetto contenuta nello sviluppo delle navate laterali e delle adiacenti cappelle.
La facciata principale, frutto di un intervento di completamento ottocentesco, si presenta a salienti per la porzione corrispondente alle navate e con andamento orizzontale sui fianchi dove si sviluppano le cappelle laterali. Diversa è anche la finitura: in laterizi a vista nella porzione centrale e intonacata nelle ali laterali.
Il portale centrale leggermente strombato con terminazione ad ogiva e quelli laterali, in corrispondenza delle navate, ad arco tutto sesto sono sormontati da rosoni con ghiere e cornici in cotto, tutti contenuti in una archeggiatura in cotto appena accennata ad arco a sesto acuto.
La facciata è inoltre scandita da paraste aggettanti che terminano in edicole sommitali in cotto ed è coronata da archetti pensili sempre in cotto e da una sottostante fascia intonacata che ne evidenzia e ne segue l’andamento.
Internamente la chiesa si presente a tre navate con cappelle laterali (dieci in tutto comprese quelle del transetto), transetto e profondo presbiterio.
La navata è organizzata in tre campate quadrate a ciascuna delle quali corrispondono due campate laterali.
Le navate sono ripartite da possenti pilastri cilindrici alternativamente in cotto e in materiale lapideo su cui si impostano le volte a crociera a sesto acuto costolonate e gli archi traversi in materiale lapideo.
Il transetto si organizza anch’esso in tre campate quadrate. Il presbiterio e il coro, rialzati rispetto all’aula assembleare, sono rispettivamente del XIX e XVII secolo. Superata l’attuale sacrestia che si sviluppa sul lato settentrionale del presbiterio con giacitura ad esso ortogonale si conserva la sacrestia artistica lignea, progettata da Gerolamo Quadrio.
L’illuminazione naturale proviene sia dai rosoni presenti in controfacciata sia dalle monofore in corrispondenza delle campate della navata centrale, dalle coppie di monofore nel transetto destro e dalle aperture (finestre termali, monofore e lanternini) presenti in alcune delle cappelle laterali, tra cui la cappella della Madonna del Carmine.
La chiesa del Carmine nacque come “chiesa nobile” del castello, accanto alle vaste distese bastionate dove le milizie si addestravano alla guerra o a sanguinose battaglie. Non si fatica così a comprendere come il convento e la chiesa dei Carmelitani fossero così venuti a trovarsi coinvolti in un’opera di assistenza ed aiuto davvero singolari: ricovero di feriti, nascondiglio di sbandati, opera di pacificazione, di consiglio, di mediazione.
La chiesa del Carmine nacque dunque come chiesa aristocratica, viscontea nella prima e seconda versione, sforzesca nella terza edizione, quella definitiva anche se incompleta perché soggetta ad un crollo nel 1446.
Ricevette devozione, culto e onori da alcune tra le importanti famiglie milanesi. Fu tenuta in grande considerazione dai Visconti, tra i quali si ricordano: l’arcivescovo Giovanni, il duca Gian Galeazzo ed il duca Filippo Visconti.
Fu sostenuta e finanziata dagli Sforza, da Francesco Sforza, da Galeazzo Maria, dal cardinale Ascanio Sforza, da Gian Galeazzo Maria ed infine da Ludovico il Moro, e dai consiglieri, ciambellani e cavalieri, appartenenti – i più noti – alle famiglie Simonetta, da Corte e Lampugnani. Ed anche successivamente, la chiesa del Carmine fu cara a tanti nobili casati milanesi, via via legati ai successivi “padroni” francesi, spagnoli e austriaci.
A questa ricca frequentazione fin dal principio si affiancarono alcune confraternite, tra le quali – famosissima e potente – la “Scuola dell’Abito del Carmelo” che nel periodo più antico della chiesa contese (fino al 1391) il primato all’altra non meno fiorente “Arciconfraternita dei Divoti della Purificazione”. Questa confraternita trasse il nome del titolo che la chiesa, inizialmente dedicata all’Annunciazione, ebbe ad avere per qualche decennio prima di assumere definitivamente quello della Madonna del Carmine; dopo un periodo di decadenza, si ricostituì nel 1511, quando pose sede al Carmine presso la cappella della Purificazione.
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