La chiesa parrocchiale di S. Vittore sorge al limite inferiore dell’abitato di Curiglia, innalzata su una piattaforma aperta al panorama delle valli Dumentina e Veddasca.
Il luogo di culto è antico, ma l’attuale costruzione nulla conserva delle primitive fasi se non un affresco cinquecentesco interno e l’iscrizione che ne ricorda la consacrazione del 1526.
Si accede tramite un portichetto giustapposto nel XIX sec. alla facciata, coronata di frontone.
L’interno si sviluppa su un’unica aula per i fedeli coperta di volte e contornata di cappelle laterali.
Il soffitto è decorato con affreschi di Ludovico Gajoni, risalenti al terzo decennio del XX sec.
L’altare maggiore, tardo neoclassico, è preceduto da un’elaborata e mossa balaustra in marmi intarsiati, opera di una bottega viggiutese ancora anonima.
Il campanile si appoggia sul fianco a monte.
XIII – La prima documentazione sulla chiesa di Curiglia è di tarda età medievale e risale agli esordi del XIV sec. (elenco di luoghi di culto diocesani noto come ‘Liber Notitiae Sanctorum Mediolani’). L’attuale edificio, tuttavia, non conserva traccia delle prime fasi edilizie.
XVI – All’interno della chiesa si conservano due testimonianze cinquecentesche: una Madonna con Gesù bambino affrescata probabilmente dalla bottega di Antonio da Tradate nel secondo decennio del XVI sec.; una lapide che ricorda la consacrazione del tempio nel 1526. Entrambe potrebbero far risalire a una riconfigurazione generale (o parziale) del più antico assetto medievale dell’organismo architettonico.
1662 – La chiesa fu ricostruita quasi totalmente nel 1662 secondo la “delineatione di Architecti periti” presentata in Curia dagli “scolari della scola del S.mo Sacramento”, ma oggi irreperibile. Il cantiere, però, era destinato a proseguire negli anni: nel 1670 la comunità decise di investire i ricavati del taglio dei boschi viganali (per legna e carbone) per 11 anni per la costruzione ex novo della chiesa; nel 1683 il card. Federico Visconti la giudicò “satis venusta”, ma i lavori erano ancora lontani dall’essere terminati e solo ai primi del ‘700 si giunse alla facciata.
1833 – La facciata, rimasta al rustico dopo l’ingente sforzo di ricostruzione avviato nella seconda metà del XVII sec., fu riformata secondo un disegno tardo neoclassico attribuibile alla mano di Ferdinando Caronesi, sensibile interprete del neoclassicimo originario dei luoghi, ma attivo principalmente in Piemonte.