Chiesa di San Pancrazio (Bovisio Masciago)

Diocesi di Milano - chiesa parrocchiale - Lombardia

Piazza Anselmo IV da Bovisio, 2, Bovisio Masciago, MB, Italia

0362/590225

Le informazioni riportate, in tutto o in parte, sono riprese da BeWeb, la banca dati dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI , implementata dalle diocesi e dagli istituti culturali che hanno concluso il rilevamento e la descrizione del patrimonio sul proprio territorio. Quanto pubblicato è da intendersi work in progress e pertanto non esente da eventuali suggerimenti per essere migliorato e reso più efficace.

  • 1765 – Viene costruita la chiesa in seguito alla distruzione dell’edificio precedente causato da un’esondazione del Seveso. La prima pietra viene posata il 10 agosto su disegno dell’architetto Galliori.
  • 1774 – Viene realizzato un nuovo altare.
  • 1788 – Viene edificato il campanile.
  • 1854 – Vengono sistemati l’ancona, l’altare e dorate le colonne
  • 1903 – Viene rifatta la pavimentazione
  • 1904 – Viene eretto l’altare di S. Pancrazio
  • 1919 – La facciata viene restaurata e affrescata.
  • 1936 – Viene ampliata la struttura.
  • 1946 – Viene ampliato l’edificio.
  • 1951 – Viene rifatta la pavimentazione a mosaico.
  • 1971 – Viene realizzato l’impianto di riscaldamento.
  • 1973 – Vengono rifatte le coperture.
  • 1974 – Viene restaurata la torre campanaria.
  • 1980 – Viene rinnovata e consacrata la cripta su progetto dell’architetto Latocca.
  • 1988 – Vengono restaurati gli interni della chiesa.
    1999 – Vengono rifatte le coperture e la tinteggiatura della facciata.
  • 2009 – Adeguamento liturgico e spostamento del battistero.
  • 2012 – Viene realizzato un nuovo altare in pietra.

Altre informazioni

1 – ACCESSIBILITÁ
La struttura è accessibile anche a persone con disabilità tramite una rampa con pendenza regolare sul piazzale principale.
Non è possibile l’accesso alla cripta sotto il presbiterio.
Nei pressi dell’uscita dal finto transetto a destra si trovano anche i servizi igienici per i fedeli.

2 – COME ARRIVARE
– In auto: SS 35 (Milano-Meda), uscita n. 8
– In treno: Stazione Bovisio Masciago a 100 metri – linee S2 e S4

3 – PARCHEGGI
Gratuiti: in Via Zari (a destra della chiesa), Largo Dabbeni (dietro alla chiesa).  Con disco orario e a pagamento di fronte alla chiesa

4 – PUNTI DI RISTORO
Una pasticceria, un panificio e un bar davanti alla chiesa; accanto alla chiesa c’è il cinema parrocchiale. Dietro la chiesa il centro giovanile.
La chiesa ha area con servizi igienici a disposizione dei fedeli nel finto transetto destro.
Diverse possibilità di ristoranti e pizzerie in tutto il paese.

5 – ORARI DI APERTURA
La chiesa è aperta tutti i giorni dalle ore 7.30 alle ore 19.30

6 – verifica aggiornamento informazioni e orari su https://www.chiesabovisiomasciago.it/

 

 

 

 

 

 

Crediti

  • Fonte di vita – pubblicazione edita dalla parrocchia
  • Daniele Mariani – Massimo Tiribelli
  • Fr. Ruggero Valentini e la comunità dei Concezionisti per le informazioni su Padre Monti
  • https://www.spuntidifuturo.it/index.php

Cosa vedere

Scopri le opere presenti presso Chiesa di San Pancrazio (Bovisio Masciago)

03. Le porte

03. Le porte

In un paese di falegnami anche le porte d’ingresso, a dispetto di quel che appare, sono in legno.  Furono approntate negli anni ”60, eseguite su disegno dell”arch. Dante Mazzola. Il lavoro fu compiuto nel 1964: la parte in legno delle porte fu eseguita dalla ditta Fratelli Colombo e rivestita in rame da una ditta specializzata di Milano.
La porta centrale è decorata da una formella in bronzo, opera dello scultore Veneziani, che raffigura un evento importantissimo di quegli anni: il Concilio Vaticano II.
Al centro la figura del Maestro con la scritta “Io sono la verità e la vita”; ai lati i due pontefici del Vaticano II, Papa Giovanni XXIII e Papa Paolo VI; i due papi sono contornati da una lunga serie di vescovi di rito latino e orientale e agli angoli gli arcangeli, Gabriele e Michele.
L”iscrizione latina in calce dice:
“Porta quae vitae patriam petentes accipit omnes  – AD. MCMLXIII – ineunte Conc Oe. Vat. II” ovvero “Questa è la porta che accoglie quanti cercano la patria della vita anno del Signore 1963, iniziando il Concilio Ecumenico Vaticano II” La bussola invece, la seconda porta entrando per la porta centrale, è stata realizzata nel 1950-51, su disegno del pittore Magrini; il legname fu offerto dalla ditta Zari e le sculture furono opera dell”artigiano Santino Gaslini: la figura a sinistra rappresenta la Fede, con lampada in una mano e croce, e quella a destra la Carità, con un bambino in braccio. Anche le due  porte della sagrestia e della penitenzieria sono molto antiche, essendo entrambe del XVIII secolo, e non saremmo lontani dalla verità se pensassimo che si tratta delle porte della sagrestia dell’antica chiesa parrocchiale, che vennero portate nella nuova quando questa fu ultimata. Nella penitenzieria a destra dell’altare maggiore si trova un armadio in legno molto grande anch’esso del XVIII secolo.

04. Il campanile e le campane

04. Il campanile e le campane

Nel 1788 erano iniziati i lavori per la costruzione di un campanile, ma ancora nel 1792 essi erano fermi ad un”altezza di circa 8 metri da terra. Nel 1798 i lavori erano ancora fermi al punto in cui si trovavano dieci anni prima e i fedeli continuavano ad essere avvisati delle sacre funzioni da una campana sola che si trovava a fianco della sagrestia: ciò provocava diversi inconvenienti, principalmente il fatto che i “terrieri di questa parrocchia” mancavano spesso alle sacre funzioni specie alla Messa, perché non udivano il suono di quell’unica campana. Dopo un notevole sforzo per ultimarlo, nel 1799 il campanile doveva essere terminato e conteneva probabilmente tre campane. Queste campane divennero probabilmente cinque nei primi anni del ‘900 e fu necessario porre mano ad opera di miglioria e di sistemazione della torre campanaria e delle campane stesse nel 1933. Durante la seconda guerra mondiale poi le campane vennero requisite per farne rottami di bronzo per usi bellici: le campane della nostra parrocchia pesavano complessivamente 1.200 Kg, di cui 720 vennero fusi. Le campane tornarono al loro posto l’11 settembre 1949, quando, fuse di nuovo, vennero consacrate da mons. Domenico Bernareggi e nello stesso mese venne restaurato anche il castello campanario. Le campane provengono dalla fonderia Carlo Ottolina e figli di Seregno. Ciascuna delle campane è stata dedicata ad un suo patrono e porta un”iscrizione.
La prima campana è dedicata a S. Carlo Borromeo e ha questa iscrizione: PATER HANC TUAM VINEAM TUERE ovvero “O padre proteggi questa tua vigna”, intendendo con padre S. Carlo e con vigna la parrocchia.
La seconda campana è per S. Giuseppe e riporta l’invocazione: PROTECTOR SANCTAE ECCLESÌAE ORA PRO NOBIS, cioè “Patrono della Santa Chiesa, prega per noi”.
Ai santi Pancrazio e Bonifacio è dedicata la terza campana, sulla quale è scolpita l’effigie dei martiri e l”invocazione: SANCTI PANCRATI AC BONIFACI NOBIS ADESTE PATRONI “O Santi Pancrazio e Bonifacio siate nostri protettori”.
Sulla quarta, consacrata al l’Immacolata, è possibile leggere la seguente iscrizione: SIS PRONOBIS SEMPER POTENS IN HOSTES AETERNUM DONA EIS DOMINE “O Immacolata, sii sempre potente in nostra difesa contro i nemici. L”eterno riposo dona loro, o Signore”.
Infine il “campanone” ha l”immagine del Risorto e presenta questa iscrizione: HUNC PER SON1TUM OMNIPOTENS AD E IDEM ET PRAEMIUM POPUIUM VOCATO, ovvero “Iddio onnipotente, con il suono di questa campana, voglia chiamare il popolo alla Fede e al premio eterno”; più sotto sono segnati i nomi del pontefice, dell”arcivescovo e del parroco viventi al momento della fusione delle campane: PP PIO XII – C. A. J. SCHUSTER – SAC. J. COLLI PAR., che indicano il pontefice Pio XII, l”arcivescovo di Milano card. A. I. Schuster e il parroco di Bovisio don Giacomo Colli. Ogni campana ha anche un padrino e una madrina. Nel 1964 le campane vennero elettrificate. Ben presto i parrocchiani poterono udire un armonioso concerto, facilmente azionato da una tastiera numerica dalla sagrestia.
Nel 1974 l’opera di ripristino dell’esterno della chiesa si completava quando venne eseguito il restauro del campanile.

05. Il battistero

05. Il battistero

Subito alla sinistra di chi entra in chiesa, in parte nascosto nell’ombra, si può vedere il Battistero: una cancellata in ferro battuto con elementi decorativi colorati in oro separa l”ambiente dal resto del tempio. Il pavimento è ribassato rispetto a quello della chiesa: il battezzando come Gesù scese nelle acque del Giordano per essere battezzato da Giovanni Battista, devono scendere alcuni gradini per entrare nelle acque della vasca. Esso è a mosaico con pezzi di marmo bianchi e azzurri disposti a forma di onde, ancora a ricordare le acque del fiume. Nel mezzo è posto un fonte battesimale di marmo, così come di marmo grigio sono le pareti del locale; dietro il fonte c”è addossata al muro di fondo, una croce in marmo bianco, al di sopra della quale un affresco, di datazione incerta rappresenta il battesimo di Gesù Cristo nel Giordano, con Giovanni Battista; sopra la testa del Salvatore si trova una colomba e alla destra nell”angolo un agnello. Nella parete di destra si può vedere un piccolo armadietto, che conteneva i vasi degli oli usati per la celebrazione del Battesimo e un piccolo lavabo in cui gettare l’acqua santa benedetta avanzata dal rito battesimale o rimasta in chiesa prima del triduo pasquale. L’anta di tale armadietto è decorata con un intarsio ligneo raffigurante una colomba e tre pesci nei raggi che da essa si dipartono.
Una targa posata a terra ricorda il luogo del battesimo del Beato Monti. Il fonte originale infatti si trova ora al centro della navata.

06. La nuova collocazione del fonte battesimale

06. La nuova collocazione del fonte battesimale

Nuova collocazione per recuperare una tradizione antica
La nuova collocazione del fonte battesimale è stata studiata e approvata dall’ufficio beni culturali della diocesi di Milano nell’aprile 2009 (prot. P.242/09).
Si trattava infatti di poter conservare e valorizzare il manufatto dove è stato battezzato il beato Luigi Maria Monti, trovando al tempo stesso una nuova collocazione che permettesse di svolgere agevolmente la celebrazione comunitaria del battesimo.
Un precedente studio ipotizzava infatti la collocazione del fonte in uno degli altari accanto all’altare maggiore. Le norme liturgiche però favoriscono la valorizzazione del segno battesimale nella prospettiva propria del catecumenato.
Già nel duomo di Milano, in linea con le indicazioni di san Carlo, Pellegrino Tibaldi andò a collocare il fonte battesimale con un proprio ciborio in asse con la porta d’ingresso principale, l’altare maggiore e il ciborio del tabernacolo. In questo modo si valorizza chiaramente l’indicazione catecumenale per cui il battesimo “conduce” all’Eucarestia.
La realizzazione
Un benefattore anonimo ha accettato di finanziare il progetto, presentato dall’arch. Emanuele Tanzi, e realizzato dalle ditte Porro, Gianotti e Marini.
La cornice ottagonale in pietra richiama la tradizione del battistero ambrosiano andando a formare un gradino semplicemente poggiato sul pavimento precedente. Si è potuto così valorizzare il disegno del pavimento stesso che prima andava a racchiudere un semplice mosaico riprodotto nelle foto qui sotto.
Al tempo stesso è stata così valorizzata la posizione della cupola che ricopriva la chiesa prima dell’attuale ampliamento.
Il piano di vetro evoca lo specchio dell’acqua, nella quale si intravedono listelli di ottone a forma di croce. Immersi nella morte di Cristo siamo chiamati alla vita nuova come tralci dell’unica vite.
Nella cappella del battistero, chiusa da una cancellata nella navata sinistra vicino all’ingresso, sono stati conservati tutti gli arredi. Il fonte battesimale è stata sostituito da una targa a memoria del luogo del battesimo di Padre Monti.

07. Altare di san Pancrazio

07. Altare di san Pancrazio

Probabilmente intorno al 1904 il parroco don Rho fece costruire un artistico altare in marmo pensando di dedicare a S. Pancrazio una cappella. Nel tempio ampliato, al Santo martire, venne riservato uno spazio tutto suo: la cappella sulla sinistra. La sua decorazione, opera del prof. Vago, fu curata dal parroco don Giacomo Colli; l’altare in marmo rosso venne eseguito dalla ditta Arnaboldi di Bovisio. I quadri, ivi raccolti, sono opera del prof. Adolfo Magrini, che disegnò anche le cornici eseguite dalla ditta F.lli Ghianda fu Iginio di Bovisio. In occasione della festa di S. Bonifacio del 1948 essa fu benedetta da mons. Adelchi Albanese vescovo di Viterbo e Tuscania.
La cappella è sopraelevata di un gradino rispetto al piano della chiesa e separata dalla navata da una balaustra in marmo policromo, con cinque colonnine e quattro pilastrini.
Un cancello in ferro battuto immette nello spazio, in cui si trova l’altare addossato alla parete di fondo. Due gradini portano alla predella formata da un piano di legno intarsiato con motivi decorativi. L’altare in marmo è sorretto da due colonnine; il grado è in marmo con specchiature policrome e basamento e cimasa neri: su di esso si trovano quattro candelieri identici a quelli già trovati negli altri altari. Alle pareti si trovano tre dipinti, anch’essi opere del pittore Adolfo Magrini, riguardanti episodi della vita del santo. Brevi cenni sulla vita di San Pacrazio
Pancrazio, vissuto probabilmente verso la metà del III sec. d.C., nacque in Frigia nell’Asia Minore da genitori pagani. Fu affidato allo zio Dionigi, che lo condusse a Roma dove il giovinetto aveva una ricca eredità patema; qui l”incontro con papa Cornelio li portò alla conversione e al battesimo. Fu arrestato in seguito ad un editto di Diocleziano contro i Cristiani (303-305): Pancrazio per la giovane età venne condotto davanti all”imperatore, ma rifiutò di rinunciare alla sua fede cristiana e adorare gli idoli pagani. Per questo l”imperatore lo fece decapitare; fu sepolto lungo la via Aurelia nel cimitero di Octavilla. La leggenda legata alla sua morte sorse probabilmente nel VI-VII sec. e collocava la sua decapitazione nel 304, attribuendo al santo martire l”età di 14 anni; di qui l”iconografia con cui di solito Pancrazio è rappresentato: un giovane romano con la spada della sua decapitazione e una palma, simbolo del martirio. Le tele
La tela sulla parete a sinistra ritrae il battesimo del martire, rappresentato come un giovanetto inginocchiato al centro del dipinto mentre di fronte a lui, volgendo le spalle a chi guarda il quadro, si può vedere forse lo zio Dionigi. In piedi è papa Cornelio che battezza i due, versando l”acqua benedetta da una conchiglia; per terra sono sparsi boccioli di rosa. La tela, firmata e datata (1949), misura 310×200 cm, come quella che sta di fronte.
Il dipinto al centro è il più grande e rappresenta la confessione di S. Pancrazio, ossia l’episodio in cui il giovane martire rifiuta di abiurare la propria fede e adorare gli dei pagani. Davanti all’imperatore seduto su un monumentale trono, il giovane Pancrazio è posto di fronte ad un’ara su cui si trova una statua, rappresentante probabilmente il dio Mithra, un culto proveniente dall’Oriente che si diffuse a Roma nel III-IV secolo: si vede il dio con un berretto frigio che sgozza con un pugnale un toro inginocchiato, mentre un cane si slancia verso l’animale per leccarne il sangue e un serpente striscia sotto il suo corpo.
Sullo sfondo si trova una statua della Vittoria alata, che reca in mano una corona e una palma: essa nella mitologia antica era una inviata degli dei che scendeva sulla terra per incoronare i vincitori e la sua iconografia è servita ai primi cristiani come ispirazione per le figure degli angeli. La lunetta sopra al dipinto ci mostra un angelo che tiene in mano una corona e un ramo di palma, divenuti per il Cristianesimo i simboli del martirio e della vittoria del Santo sulla morte.
A destra infine si vede il martirio di S. Pancrazio: il giovane è inginocchiato con la testa su un ceppo già insanguinato; il boia in piedi sta alzando la scure e una pia donna si prepara a raccogliere la testa che verrà presto mozzata. Sullo sfondo altri cristiani prigionieri, forse in attesa del loro martirio, sono in atteggiamento di disperazione. La luce entra da una finestra in alto chiusa dalle sbarre. La tela è firmata in basso dal pittore.
Le pareti, decorate da A. Vago mostrano motivi geometrici, dai colori vivaci e alcuni disegni simbolici:
– in alto due giovinetti ricordano probabilmente il santo;
– poi il monogramma chi-rho (le lettere iniziali del nome di Cristo in greco), che la tradizione attribuisce all’imperatore Costantino, con alpha e omega, ovvero la prima e l’ultima lettera dell’alfabeto greco,
– un uccello, probabilmente l’araba fenice, mitico uccello che viveva moltissimi anni e che rinasceva dalle proprie ceneri, simbolo dell’immortalità dell’anima e della risurrezione di Cristo, con un ramo di palma;
– un pesce con un cestello di pane sopra, il simbolo il primo di Gesù Cristo (la parola greca ΙΧΘΥΣ – ichthỳs è formata dalle iniziali dell’espressione sempre greca ᾿Ιησοùς Χριστὸς Θεοῦ υἱὸς Σωτήρ Gesù Cristo, figlio di Dio Salvatore) e il secondo del pane dell’Eucaristia.
– Nella sommità della volta sono raffigurati la croce e un agnello ferito, simbolo del Cristo, sacrificato come agnello condotto al macello.

08. Quadro - San Carlo Borromeo

08. Quadro - San Carlo Borromeo

Il dipinto, raffigurante S. Carlo Borromeo, era conservato in archivio ed è stato esposto in chiesa nel 2010 in occasione del quarto centenario della canonizzazione.
La tela risale al XVIII secolo, un olio su tela di 209×160 cm, in non buono stato: il santo è raffigurato in una delle sue iconografie più usuali, il profilo caratterizzato da un lungo naso arcuato, in vesti liturgiche di arcivescovo, inginocchiato davanti ad un crocifisso.
Il quadro rivela nell”angolo in basso a sinistra evidenti segni di deterioramento dovuti all’umidità;
La collocazione dell’opera in chiesa non è una novità. Un tempo, prima che la chiesa fosse ampliata, era collocato sopra il primo altare di destra e in seguito fu posizionato nella nicchia dell”altare di S. Giuseppe, prima che fosse ultimata la statua del santo.

09. La cripta

09. La cripta

Mentre si iniziavano il 27 aprile 1936 i lavori per l’ampliamento della chiesa parrocchiale, il Comune di Bovisio, d”intesa con il volere del parroco Gaetano Ratti, deliberò di versare un contributo di L. 30.000, per l’ampliamento della chiesa parrocchiale e per la costruzione di una cripta dedicata ai caduti in guerra. Si volevano così ricordare i soldati della Prima guerra mondiale e coloro che avevano combattuto e perso la vita durante la guerra d’Abissinia (1935-36).
Venne realizzata una piccola chiesa di m. 30×15, che in prospettiva doveva servire per le riunioni di Confratelli, Associazioni, Oratorio maschile e soprattutto per i devoti che frequentavano la chiesa anche durante i mesi invernali. A destra dell’altare vi era, in una nicchia protetta da un’inferriata, un cippo marmoreo sul quale dovevano essere scolpiti i nomi dei caduti, ma la Seconda guerra mondiale consigliò di attendere.
Negli anni ’70 la cripta è stata ristrutturata ed abbellita, mutilandola del suo secondo accesso nella zona sotto la penitenzieria, per far posto alla centrale termica per il riscaldamento della chiesa.

10. Altare della Beata Vergine Maria

10. Altare della Beata Vergine Maria

Già nell’antica parrocchiale di S. Pancrazio, vi era un altare dedicato alla Beata Vergine: si trovava anch’esso alla sinistra dell”altare maggiore, ovvero l’altare principale situato sulla navata centrale della chiesa, con un’immagine della Madonna dipinta sul muro e protetta da vetro.
Nel 1900 gli altari della nuova chiesa erano tre: quello maggiore, quello del S. Crocifisso e quello della Santissima Immacolata. Questi ultimi due si trovavano rispettivamente alla destra e alla sinistra per chi entrava in chiesa: l’altare del S. Crocifisso si trovava cioè nell”attuale posizione, mentre quello della Madonna occupava lo spazio che ora è destinato alla cappella di S. Pancrazio. Infatti, intorno al 1904 venne dedicato un altare a S. Pancrazio.
Nella chiesa ampliata l’altare della Immacolata venne posto a sinistra, tornando così ad occupare la posizione che aveva nell’antica parrocchiale.
Nel 1955 l’altare, in marmi policromi, in stile barocco, opera del sig. Comana di Bergamo, era sicuramente ultimato tanto che il parroco poteva descriverne con minuzia la bellezza e i costi: la spesa totale per il lavoro fu di 3 milioni e mezzo.
La statua della Vergine , proveniente da Ortisei, fu incoronata nel giorno dell’Immacolata del 1960, da don Pietro Paolazzi, abate degli Olivetani di Seregno. Le corone, poste sul suo capo e su quello del Bambino, sono opera della Scuola milanese “Beato Angelico” che utilizzò oro e preziosi donati dai fedeli. Per il loro alto valore sono ora conservate in una cassetta di sicurezza e sostituite da corone in metallo dorato.
Anche questo altare, come quello di S. Giuseppe, è sopraelevato di tre gradini rispetto al pavimento della chiesa. Altri due gradini lo separano dal cancello in ferro battuto e dalla balaustra. Sul piano del secondo gradino si trova una predella in legno intarsiato con decori geometrici e al centro gigli, opera della ditta Zari.
L’altare, addossato alla parete, come la croce in rilievo posta al centro, è in marmo bianco. Il ciborio, a forma di tempio, è in marmo policromo; sullo sportello del tabernacolo, in argento sbalzato, è rappresentata la radice di Jesse (la Madonna) dalla quale spunta un virgulto (Gesù Cristo), che è la porta del cielo.
Quattro candelieri sono poggiati sul grado d’altare. Al di sopra di quest’ultimo, su un basamento in marmo policromo, due finte colonne con capitello corinzio racchiudono al loro interno la nicchia della Beata Vergine in legno dipinto, del XX secolo, recentemente fatta restaurare. La statua è alta due metri e ai suoi piedi porta la scritta Mater divinae gratiae, “Madre della grazia divina”.
Al centro del finto frontone architettonico che corona l’altare sono rappresentati due cuori, quello di Maria e quello del Bambin Gesù.
Alla sinistra dell’altare è stata posta, dopo un accurato restauro, la statua del Sacro Cuore, che da tempo giaceva nel deposito.

11. Altare maggiore

11. Altare maggiore

Entrando in chiesa ad attirare subito l’attenzione è l’abside con l’altare maggiore.
Ad essa si accede salendo 8 gradini, dei quali i primi tre portano alla balaustra, composta da cimasa e basamento con 28 pilastrini di marmo nero e specchiature in marmo chiaro, come le 72 colonnine. Questa sua sopraelevazione, rispetto al resto del tempio, ha una duplice funzione: simbolica, a ricordo del Calvario, e pratica, perché consente a tutti i fedeli di poter seguire meglio le funzioni religiose.
L’altare maggiore in marmi policromi fu costruito grazie alla donazione del munifico abate di Mombello, il conte don Francesco Crivelli.
Fu disegnato dall’arch. Galliori e realizzato dal marmista Giovanni Antonio Albuzzi di Viggiù. La data della sua benedizione risale al 31 ottobre 1774 e la cerimonia fu officiata dall’allora parroco don Brioschi.
La mensa è retta da quattro colonne, mentre il “panetto” (cioè il rivestimento mobile anteriore dell’altare e per estensione la decorazione fissa dello stesso) sottostante in marmo è stato portato alla forma attuale negli anni ’50 quando don Colli provvide alla sistemazione del pavimento.
Sopra si innalza il ciborio con quattro colonne e due pilastrini in marmo grigio. Sulla porta del tabernacolo, sormontata da un frontale ad andamento curvilineo e rivestita in oro sbalzato, sono raffigurati la Croce e il Sacro Cuore dal quale il sangue sgorga e fluisce nel calice sottostante. Il triangolo con un occhio, simbolo di Dio-Trinità, colombe e gigli, la scritta “Fons vitae et sanctitatis” (Fonte della vita e della santità) completano la decorazione.
Ai lati del ciborio due angeli in legno di tiglio adorano la Croce e l”Eucaristia.
Sulla sommità del ciborio si trova l’agnello in legno dorato: esso è posto sul libro dei Sette Sigilli e reca alle sue spalle uno stendardo e una croce.
Quando venne il momento di spostarlo, l’altare maggiore venne fatto a blocchi, ampliato per armonizzarlo alla nuova configurazione dell’abside e sistemato nella posizione in cui si trova tuttora; il sito precedente resta segnato sul pavimento dallo stemma papale di Pio XII.
Nel 1942 si inaugurava la decorazione della volta dell’abside. Contemporaneamente si metteva mano alla costruzione degli amboni e della balaustra.
L’ambone è in legno. Sul pannello centrale reca l’emblema dell’evangelista Marco simboleggiato da un leone, perché all’inizio del suo vangelo parla di Giovanni Battista, voce di uno che grida nel deserto.
Sui due pannelli laterali sono rappresentati l’Antico Testamento (con le Tavole della Legge) e Matteo, simboleggiato da un uomo, perché il suo vangelo inizia con l’albero genealogico di Gesù.
I pannelli dell’ambone sono stati utilizzati per completare il seggio che il sacerdote occupa attualmente durante le celebrazioni. Su di essi sono raffigurati Luca, rappresentato da un toro, in quanto il suo vangelo si apre con un sacrificio, e Giovanni da un’aquila, poiché egli, come l’aquila vola più alta di tutti gli altri uccelli, ebbe una visione superiore agli altri evangelisti.
Il pavimento dell’abside è “in marmo finissimo e i disegni sono in stile barocco”.
Al centro del pavimento è riprodotto uno dei simboli usati dai primi cristiani per nascondere ai pagani i sacri misteri: un pesce, il cui nome greco designa Cristo, che porta in groppa un cesto di pane, segno dell’Eucaristia.
L’attuale altare, di legno con la mensa in marmo, reca sul davanti un “paliotto” che risale al XVIII secolo e misura cm 80×200.
Questo è di prezioso broccato e raffigura la scena della Deposizione di Cristo dalla Croce; ai suoi piedi si trovano: corona di spine, martello, chiodi, tenaglia, la scritta I.N.R.I.; il tutto è immerso in uno sfondo floreale azzurro-verde-blu.
Dall’altare maggiore si accede alla sagrestia (a sinistra) e alla penitenzieria (a destra per chi guarda).

12. L'altare del Beato Luigi Maria Monti

12. L'altare del Beato Luigi Maria Monti

Il beato Luigi Maria Monti è patrono della comunità pastorale di Bovisio Masciago. Nato a Bovisio nel 1825, è fondatore della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione.
La statua posta sull’altare lo ritrae intento a prestare aiuto ai malati e agli orfani. Ancora oggi a queste persone è rivolto il carisma della congregazione, che dal 2014 opera stabilmente anche a Bovisio Masciago.
La prima dedicazione – a San Giuseppe
L’altare era in origine intitolato a san Giuseppe; con questo titolo fu consacrato nel 1946.
La sua erezione fu resa possibile grazie alla generosità di un parrocchiano il signor Mosè Turri. Egli viene ricordato da una piccola lapide, posta alla destra dell”altare. Il benefattore pagò interamente il costo dell’opera che ammontò a tre milioni di lire. Il contratto per la realizzazione del nuovo altare fu firmato nel 1959 e nell’anno seguente il lavoro era già terminato. Infatti il 31 luglio 1960 in una solenne cerimonia il card. G. B. Montini lo consacrò.
Rispetto al pavimento della chiesa, l’altare è sopraelevato di tre gradini e altri due gradini separano la struttura addossata alla parete dalla balaustra e dal cancello in ferro battuto. Sul piano del secondo gradino, vi è una predella in legno intarsiato con decorazioni geometriche. Al centro dell’altare, in marmo bianco, è rappresentato un giglio. Il ciborio è a forma di tempio e lo sportello del tabernacolo porta una croce con decori semisferici in vetro blu. Sul grado sono posti quattro candelieri a base triangolare. Due finte colonne con capitello corinzio affiancano la nicchia in cui è contenuta la statua di S. Giuseppe con il Bambino Gesù. La statua di gesso collocata sull’altare al momento della sua costruzione, era una copia in gesso dell”opera in bronzo dello scultore Bonalberti. Fu sostituita dall”attuale in tuttotondo, ai piedi della quale, si trova la scritta “Wieser Francesco – Ortisei – Val Gardena”, che ne ricorda la provenienza. In alto, in un medaglione, è racchiusa la scritta Ite ad Josephf  “andate da Giuseppe.”
La nuova dedicazione al beato Monti
In occasione della beatificazione del Monti, il parroco don Bruno Molinari volle dare rilievo alla eccezionalità della figura del nostro concittadino. Per giustificare la rimozione della statua di san Giuseppe verso il gradino inferiore, dove oggi si trova, venne pubblicato sul giornalino parrocchiale un intrigante “dialogo tra due falegnami”

13. Altare del Santo Crocifisso e di S. Bonifacio

13. Altare del Santo Crocifisso e di S. Bonifacio

La cappella che si trova alla destra, entrando in chiesa, è dedicata al Santo Crocifisso.
Questo antico manufatto raccoglie da tempo la devozione assidua dei parrocchiani. La festa del Crocifisso, la quarta domenica di settembre, è di fatto la festa patronale della parrocchia, assai più sentita e partecipata della festa di san Pancrazio a cui è intitolata la chiesa.
Si è invece persa la memoria della festa di san Bonifacio Martire i cui i resti mortali si conservano al di sotto della mensa dell’altare; le reliquie venivano un tempo onorate in modo particolare dai fedeli in una festa solenne celebrata in luglio, la quarta domenica, e il lunedì seguente.

14. San Bonifacio

14. San Bonifacio

Le reliquie giunsero nel nostro paese tramite la famiglia Erba-Odescalchi di Como, che aveva in Bovisio proprietà terriere e trascorreva alcuni mesi dell”anno nel palazzo, che con il nome di Palazzo Scotti è ora sede del municipio del nostro comune. Tra i suoi membri ci fu anche un papa, Benedetto Odescalchi, che divenne pontefice con il nome di Innocenzo XI (1676-1689).
Quello che ci interessa è il fatto che Innocenzo XI donò al nipote marchese Antonio Maria Erba, allora senatore del ducato di Milano, il corpo del martire Bonifacio, trovato nelle catacombe di S. Callisto in Roma.
L’autentica delle reliquie fu siglata da mons. Eusanio Aquilano, prefetto dei Sacri Palazzi e vescovo di Porfirio, il 14 luglio 1680, ed esse vennero custodite nel palazzo Erba-Odescalchi in Como. La vedova le fece trasferire nell’oratorio della famiglia nella loro villa di Lazzago. Successivamente la famiglia ne fece dono formale alla chiesa di Bovisio.
Su Bonifacio dicono che venne ordinato papa nel 418 e morì nel 422: ma sembra impossibile identificare questo Bonifacio I papa con quello da noi ospitato. Forse aiuta a capire la difficoltà di scoprire qualcosa di più certo sull’origine e sull”identità precisa del santo da noi conservato sapere che sono conosciuti almeno altri 21 santi con il medesimo nome.
Il curato di allora, don Cristoforo Bazzana (1685-1727), fece preparare un’urna di “pero nero guarnita in ornati di argento” cesellato e munita di cristalli, nella quale il 1° luglio 1711 vennero composte le spoglie del santo.
Il 14 agosto 1774 le reliquie furono trasferite nella nuova chiesa in un altare fatto appositamente erigere da don Brioschi grazie alle offerte dei fedeli.
Il 29 agosto 1904, alla presenza di mons. Angelo Nasoni, il corpo di S. Bonifacio fu tolto dall’urna e deposto in una cassa provvisoria. Ritrovato in eccellente stato di conservazione, esso fu ricoperto di bambagia in modo da potergli adattare la splendida veste di seta e spolino d’oro. L’urna argentata venne, nel frattempo, inviata a Milano per completarne l’abbellimento.
In occasione del centenario, il 14 ottobre 1905, lo stesso mons. Nasoni ripose nuovamente il santo nell’urna risistemata e vi appose i sigilli. Essa fu poi collocata, per le solenni celebrazioni a cui partecipò anche l’allora arcivescovo di Milano card. Ferrari, al centro della chiesa su un trono appositamente preparato dal signor Fermo Zari, seguendo un’antica usanza recentemente recuperata da don Bruno Molinari. Osserviamo ora l’urna in cui sono contenute le reliquie.
Il paliotto in lamina d’argento sbalzata rappresenta il martirio di S. Bonifacio.
L’urna è un parallelepipedo ed ha otto facce di cristallo: ai quattro spigoli in alto sono disposti quattro angeli oranti cesellati, in argento massiccio, con una decorazione tutta d’argento lunga 36 cm e larga sette alla sommità della testa dell’angelo.
Alla base del coperchio di forma piramidale, sulla cui sommità stanno tre lampade, vi sono decorazioni in argento; nella parte posteriore vi sono altri due disegni di dimensioni minori. Il coperchio è diviso in tre facciate di vetri da due traversi, sui quali vi sono motivi decorativi d’argento che si diramano nelle altre cornici.
Nella cornice che fa da base ci sono altre sette decorazioni d’argento, così come in alto.
La cassa in cui sta il santo è quadrangolare, coperta quasi totalmente d’argento da tre parti, con specchi circondati da comici interamente argentate. Le facciate di fianco comprendono due angeli che tengono un ramo di palma tra le mani, con guarnizioni in argento. Inoltre, al centro di ciascuno dei lati alla base del coperchio, si vedono quattro stemmi, tra cui si riconoscono quello del Comune di Bovisio, quello della famiglia Odescalchi, quello di Papa Innocenzo XI e un ultimo, forse regale.

15. Il Santo Crocifisso

15. Il Santo Crocifisso

Il 5 ottobre 1810 fu accolto nella nostra parrocchia questo S. Crocifisso taumaturgo, cioè capace di miracoli e di grazie. Esso era conservato nella chiesa di S. Giovanni in Conca a Milano, dove celebravano messa i frati Carmelitani Scalzi; la chiesa fu soppressa nel periodo napoleonico e “una pia persona” donò alla chiesa di Bovisio il miracoloso crocifisso.
La stele, detta “croce della Comasina”, venne eretta da don Carlo Barnaba, parroco di Varedo nel 1647, come monumento a ricordo della peste che infierì in quegli anni. Nel 1905 il parroco don Longoni di Varedo fece porre una lapide alla base della colonna della croce per ricordare il passaggio del Crocifisso da Varedo e la rappacificazione tra i popoli dei due comuni: infatti i turbolenti antenati, accogliendo il Crocifisso avevano dato vita a gravi incidenti per il possesso della sacra reliquia.
Su questo tormentato arrivo sono fiorite anche leggende locali, una delle quali fece assegnare a Bovisio il Crocifisso, a causa della fermata fatta dai buoi che tiravano il carro su cui il Crocifisso si trovava, nel luogo che sarebbe stato segnato dalla “croce della Comasina”.
II Crocifisso fu collocato nella cappella di S. Bonifacio. Lì si era provveduto a sistemare l’ancona (luogo ove sarebbe stato riposto), la portina della stessa cappella e il pavimento della chiesa parrocchiale.  Nei giorni successivi venne benedetto l’altare alla presenza di mons. Litta, canonico della Metropolitana. Nel 1854 si procedette ad un restauro dell’ancona che fu rifatta in lastre di pietra ed ornata con seta intessuta d”oro. Si sistemò la mensa dell”altare, facendola in marmo, si rimisero a nuovo le indorature dei capitelli e degli emblemi che adornano il tempietto.
Per il centenario delle reliquie di S. Bonifacio, nel 1905, fu rimesso a nuovo l’altare del Crocifisso
Nel 1910, in occasione delle celebrazioni per il centenario del trasporto del santo simulacro nella nostra parrocchia, si tennero feste particolarmente sfarzose, anche per ringraziare per la protezione speciale “contro il ciclone del passato luglio che anche qui imperversò, ma senza arrecare quei danni e quella desolazione, che pur troppo colpì i paesi limitrofi”. Nel 1948 mons. Angelo Rota benedisse la cappella del S. Crocifisso parzialmente restaurata. Nel 1955 venne rifatta la nicchia in mosaico veneziano e tutta la cappella fu decorata dal pittore Antonio Vago. Furono inaugurati ì quadri del pittore Magrini: la celebrazione venne officiata da Mons. Pignedoli.
La cappella si presenta sopraelevata di un gradino rispetto al pavimento della chiesa e divisa da essa da una balaustra in marmi policromi, con basamento, 10 colonnine e 4 pilastrini, e cimasa. Una cancellata in ferro battuto con motivi ornamentali geometrici immette nello spazio della cappella, il cui pavimento è anch’esso di marmo a scacchi bianchi e neri.
L’altare poggia su una predella di marmo con decorazione di legno intarsiato a motivi decorativi e al centro una corona, una spada, un giglio e una palma.
Nel 1955 la parte inferiore dell’altare venne rinnovata per accogliere il corpo di S. Bonifacio e la balaustra subì alcune modifiche indispensabili. La mensa è di marmo bianco come il grado al di sopra di essa. Il ciborio entro cui si trova il tabernacolo ha struttura di tempietto; lo sportello di forma lunettata riporta una scena di deposizione dalla croce.
Sul grado si trovano quattro candelabri in bronzo, a base triangolare, che nella specchiatura recano i simboli di Fede, Speranza e Carità. Al di sopra del ciborio si apre la nicchia che contiene il Crocifisso. Essa è in mosaico veneziano, con tessere azzurre a forma quadrata e oro a forma di stella. Il tutto è contenuto in una struttura a tempio con colonne scanalate e dorate nella parte inferiore e nei capitelli di stile corinzio. Le colonne terminano con una struttura a frontone, che porta nel timpano l’immagine di Dio padre, con triangolo dietro il capo. Due angeli di marmo bianco, con ali dorate e martello e chiodi in mano, stanno seduti ai lati del timpano triangolare
La volta della cappella è decorata con motivi a rosetta e altri disegni simbolici, tutti attinenti alla passione di Cristo: il martello e la tenaglia, i chiodi, tenuti in mano dagli angeli e disegnati anche nella sommità della volta, il gallo, che fa riferimento al tradimento di Pietro la spugna e la lancia, ricordo dell’episodio in cui viene dato da bere a Cristo morente sulla croce, la colonna e il flagello, allusione alla flagellazione che Cristo subì prima di essere condotto al Calvario.
Nella specchiatura delle lesene sul fronte della cappella si aprono due tondi in cui si leggono le iscrizioni Altare privilegiatum in perpetuum “altare privilegiato perpetuo”, a sinistra, e Pius PP X Concessa / IX oct MCMÌV “Papa Pio X concesse, 9 ottobre 1904”, a destra.
In essa si fa riferimento alla concessione da parte del papa Pio X del privilegio per l’altare in questione: l’altare aveva già ricevuto la concessione dell’indulgenza per chi lo visitasse, a partire dal 1819.
Nella cappella sono collocati due oli su tela di A. Magrini, pittore nato a Ferrara nel 1874 e vissuto a lungo a Milano.
Il quadro a sinistra rappresenta Gesù nell’orto: in basso a destra si vede Gesù inginocchiato che viene visitato da un angelo dalle ali vermiglie e dalla veste azzurra, sullo sfondo i neri profili degli alberi dell’orto degli ulivi.
La tela a destra ritrae la Madonna con le pie donne che guardano Gesù morto in Croce e mostra la Madonna al centro di un gruppo di donne che alzano gli occhi nella direzione della croce contenuta nella nicchia dell”altare; una donna in atteggiamento di disperazione è inginocchiata nell”angolo basso a sinistra.

16. La cappella di S. Antonio

16. La cappella di S. Antonio

Di fronte al battistero si apre nella parete della chiesa una cappella che contiene un dipinto; essa è separata dalla navata da una balaustra in marmi policromi, con 4 colonnine e 4 pilastrini e rialzata di un gradino rispetto al pavimento della chiesa. Vi si può ammirare il trittico di S. Antonio, attribuito anch”esso ad A. Magrini.
Il Santo di origine portoghese, che passò alla storia come Antonio da Padova, visse tra il XII e il XIII secolo e fu tra i frati che seguirono S. Francesco, col quale viene spesso ritratto. Numerosi sono gli episodi miracolosi che gli vengono attribuiti e i quadri qui presenti ne ricordano alcuni.
In alto, nel dipinto più grande, olio su tela, viene ritratto l”episodio dell’apparizione del bambino Gesù a S. Antonio, inginocchiato davanti ad un tavolo su cui si trova un leggio con un libro aperto, probabilmente le Sacre Scritture, sopra il quale poggia il bambino. In basso a sinistra vi è un vaso contenente dei gigli, simbolo di purezza. Il tema iconografico ritorna spesso, a partire dalla fine del XV secolo, nelle raffigurazioni che hanno per soggetto il Santo ed è memoria dell”apparizione che S. Antonio ebbe nella sua camera, così come dal XV secolo si diffuse anche la rappresentazione del ramo di gigli, simbolo di purezza e attributo anche di altri santi.
Sotto, nei due quadri più piccoli, due oli su legno, altri due episodi della vita del santo, che spiegano l’origine del “pane dei poveri”, l”elemosina che in onore di S. Antonio veniva distribuita ai bisognosi.
A sinistra l’episodio della resurrezione del bambino annegato in una vasca, la cui madre aveva promesso di dare ai poveri tanto grano quanto pesava il figlio, per la grazia ricevuta: si vede una folla orante davanti ad un arca su cui si trova il bambino che torna a vivere.
A destra poi viene rappresentata la distribuzione del pane ai poveri; forse in piedi a sinistra è proprio il Santo, che spesso veniva raffigurato in modo molto simile a S. Francesco.
Le cornici sono dorate.

17. L'organo

17. L'organo

Già il parroco don Giuseppe Pessina nelle sue ultime volontà aveva disposto che dopo l’erezione dell’altare maggiore si provvedesse alla sistemazione dell’organo della nuova chiesa parrocchiale, per il quale aveva dato precise indicazioni: doveva essere di otto piedi con quattro mantici e dovevano essere assolutamente escluse le canne di legno; la facciata doveva essere compiuta con tutte le sue canne di piombo, secondo i dettami del signor Fioroni, Maestro di Cappella nel Duomo. L’organo non fu installato prima del 1800.
Nel 1899, nella festa di S. Bonifacio Martire si inaugurò lo strumento riparato nella parte vecchia e fatto di nuovo nel secondo organo. Fu don Giacomo Colli a pensare alla costruzione di un organo più moderno. Ne affidò la realizzazione alla ditta Fratelli Costamagna di Milano-Ivrea: fu realizzato un complesso tubolare, di 1750 canne, 20 registri sonori, 7 registri meccanici di accoppiamento, azionato da un ventilatore elettrico. La parte decorativa in legno fu opera della ditta F.lli Ghianda fu Iginio.
Il 20 gennaio 1949 il nuovo organo venne inaugurato e fu tenuto un concerto dall’organista Adolfo Bossi del Duomo di Milano. Il materiale usato per la costruzione di questo nuovo organo era stato per lo più recuperato dalla demolizione del vecchio.
Il nuovo organo
Il parroco don Giuseppe Mariani stipulò un contratto con la medesima ditta, il 4 marzo 1959, per dare alla chiesa parrocchiale un nuovo organo. Diviso in tre corpi sistemati nel coro e nelle due cantorie ubicate ai lati dell’altare maggiore: esso consta di una consolle a due tastiere di 61 note e pedaliera a 30 note; composto di 27 registri reali per un complesso di 1908 canne, è corredato di 9 accoppiamenti, registri combinati, pistoncini e pedaletti il tutto azionato da tre ventilatori elettrici.
L’organo trovava così la collocazione che ancora oggi conserva; precedentemente lo strumento fatto approntare da don Colli era posto nel coro.  Il nuovo organo cominciò a funzionare già nel 1960 e venne utilizzato nella festa del S. Crocifisso dello stesso anno. Purtroppo però poi non venne più utilizzato con la medesima frequenza.
L’apertura della vetrata dell’abside (1989) sembrò mettere definitivamente in forse la possibilità di un ripristino dell’utilizzo dell’organo e una parte venne completamente smontata e riposta nelle soffitte
Recentemente (1995), però, il parroco don Bruno Molinari ha dato il via ai lavori di sistemazione, destinati a riportare in uso l’organo in tutta la sua interezza
Vi sono due tastiere da 61 tasti con una pedaliera composta da 30 pedali. Il numero totale delle canne è di 1896, di cui 108 in legno. L’organo torna a funzionare per la celebrazione del cinquantesimo anniversario della consacrazione della chiesa parrocchiale (3 novembre 1996).

18. Le tele con i quattro evangelisti

18. Le tele con i quattro evangelisti

Le immagini dei quattro evangelisti sono forse le raffigurazioni su tela più antiche.
Si trovano sulle pareti ai lati delle cappelle di S. Pancrazio e del S. Crocifisso
Vicino alla cappella di S. Pancrazio, si possono vede­re a destra S. Marco con un rotolo di papiro in mano e con il leone, suo simbolo, e S. Luca, con libro in mano e probabilmente un toro sullo sfondo, anche se poco visi­bile perché il quadro è molto scuro: sono oli su tela, mi­surano 160×90 cm e risalgono con ogni probabilità al XVII secolo
Ai lati della cappella del S. Crocifisso si trovano, in­vece, a sinistra S. Matteo in atto di scrivere e l’angelo e S. Giovanni, con l’aquila sullo sfondo, della medesima fat­tura degli altri due dipinti.

19. la via Crucis di A. Magrini

19. la via Crucis di A. Magrini

Sempre all’interno della chiesa parrocchiale, alle pareti, si può vedere la Via Crucis: una prima Via Crucis venne eretta nel 1890; la concessione per l’erezione e la benedizione della presente, invece, risale al 29 settembre 1945, firmata dal card. I. Schuster.
Le quattordici stazioni della Via Crucis sono oli su tavola del 1945, di 130×100 cm di misura, opera del pittore Adolfo Magrini, autore dei dipinti già descritti negli altari laterali.
Vale la pena ricordare che, del medesimo artista, sono diverse le opere presenti nella nostra parrocchiale. Si dice che il pittore si trovasse a Bovisio come rifugiato, in tempo di guerra, e che per sdebitarsi dell’ospitalità ricevuta, abbia voluto donare alla nostra parrocchia i suoi dipinti.
Il ciclo comprende anche le tre grandi tele del martirio di S. Pancrazio, le due nell’altare del S. Crocifisso e anche quella di S. Antonio, già descritte in precedenza.
I primi episodi ad essere elaborati nel cammino della croce sono stati quello di Simone di Cirene che aiuta Gesù a portare la croce, episodio che ha riscontro nei testi evangelici, e quelli dello svenimento della Vergine e della Veronica che asciuga il volto a Cristo, che sono frutto della elaborazione popolare.
A partire dalla sinistra dell’altare maggiore, si possono vedere le seguenti stazioni:
1 – Gesù condannato a morte.
2 – Gesù caricato della croce.
3 – Gesù cade la prima volta sotto la Croce.
4 – Gesù incontra la sua SS. Madre.
5 – Simone di Cirene costretto a portare la Croce.
6 – La Veronica che asciuga il volto a Gesù.
7  – Gesù cade la seconda volta sotto la Croce
Dalla parte opposta troviamo le altre:
8 – Gesù consola le pie donne.
9 – Gesù cade la terza volta sotto la Croce.
10 – Gesù spogliato delle vesti e amareggiato col fiele.
11 – Gesù inchiodato nella Croce.
12 – La morte di Gesù in Croce.
13 – Gesù deposto dalla Croce.
14 – Gesù deposto nel sepolcro.

20. Vetrata dell'abside

20. Vetrata dell'abside

La vetrata più maestosa che balza subito agli occhi, si trova nell”abside, dietro l”altare maggiore e rappresenta la Discesa dello Spirito Santo. Un precedente finestrone di dimensioni più piccole e non decorato era stato aperto durante i lavori di ampliamento della chiesa, ma andò distrutto nel 1941 a causa del violento spostamento d”aria provocato dall”esplosione di una bomba di aereo caduta sul sugherificio Marangoni, situato dietro la chiesa. Quindi, per ragioni sconosciute, esso fu murato e seminascosto da una composizione di canne dell”organo, in parte mute.
L’attuale vetrata, innalzata nel 1989 ad opera di Sante Pizzol e inaugurata il 17 settembre dello stesso anno dal card. Martini, misura 400×300 cm.
Nel progetto iniziale di Pizzol gli apostoli rappresentati erano solo 11, pensando al tradimento di Giuda Iscariota. Durante i lavori ci si accorse in tempo dell’errore commesso: al momento della Pentecoste ormai un altro discepolo, Mattia, aveva preso il posto di Giuda. Si pose così rimedio alla distrazione. Infatti se si guarda la vetrata si possono contare 12 apostoli.

21. Le lunette vetrate

21. Le lunette vetrate

Nella navata centrale vi sono 6 vetrate, 3 a destra e 3 a sinistra, a forma lunata: esse sono opera del medesimo autore e risalgono al 1960, misurano 120×300 cm.
Guardando l’altare maggiore, troviamo a destra, in ordine, nella prima e più vicina all’altare, un agnello seduto sulle Sacre Scritture con i 7 Sigilli e alle sue spalle la Croce e lo stendardo; tutto intorno la scritta: “Ecce Agnus Dei qui tollit peccata mundi ”Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo”.
La seconda porta la scritta Una cum Episcopo semper”, “Sempre insieme al Vescovo”, e al centro è raffigurato il Duomo di Milano su uno sfondo dorato.
All’interno della terza si vede un pellicano che nutre i suoi piccoli. L’immagine del pellicano che piega il becco verso il suo petto per nutrire i piccoli, fece nascere nell’immaginario medievale la credenza che questo animale si squarciasse il petto per nutrire col suo sangue i suoi nati. Di qui la sua estensione come simbolo di Cristo, che muore sulla croce e salva gli uomini con il suo sangue, forse anche dietro la suggestione del salmo 101,7, nel quale si dice:Sono simile al pellicano. Così l’iscrizione sulla vetrata recita Pie Pellicane munda tuo sanguine”, “Pio Pellicano purifica con il tuo sangue”.
Sull’altro lato, partendo dall’altare della B. V. Maria, nella quarta vetrata è rappresentata una croce da cui sgorgano due rivoli di sangue. Ai piedi della croce due cerve ne bevono. Dice la scritta: Cum Sanguine tuum mundum redemisti” “Con il Tuo sangue hai redento il mondo”.
La quinta rappresenta la Basilica di S. Pietro in Vaticano e porta l’iscrizione Ubi Petrus ibi Ecclesia”, “Dove è Pietro lì è la Chiesa”.
Infine la sesta vetrata mostra un calice e dietro ad esso una croce con una vite; ai lati del calice due spighe di grano: sono i simboli dell’Eucarestia. L’iscrizione ricorda la liturgia eucaristica: Hoc facite in commemorationem meam”, “Fate questo in memoria di me”.

22. La cupola e la controfacciata

22. La cupola e la controfacciata

Ognuno degli otto spicchi di cui è composta la cupola contiene una finestra tonda; di queste quattro sono aperte con vetrate, che raffigurano i simboli relativi alla Passione di Cristo: un sudario, una scala e una lancia, una croce con una corona, una colonna, un mantello e un bastone.
Le restanti quattro sono chiuse, perché in corrispondenza dei colmi della copertura dei quattro bracci della chiesa a croce greca; i loro vetri recano al centro l’immagine di un angelo.
Anselmo IV e il padre Luigi Maria Monti
Nella parte in muratura che regge la cupola, una opposta all’altra, vi sono altre due vetrate rappresentanti l’Arcivescovo Anselmo da Bovisio (a sinistra) e il Servo di Dio Luigi Monti (a destra).
La controfacciata
Nella controfacciata, sopra i portali d”ingresso, si aprono altre tre vetrate rappresentanti, sopra la porta centrale, la scena della crocifissione (240×160 cm.) e sopra quelle laterali due angeli, di 160×100 cm, risalenti al 1960 e opera, come tutte le altre vetrate, di Sante Pizzol.

23. I confessionali

23. I confessionali

Tra gli oggetti in legno vi sono manufatti che è interessante considerare. Ad esempio vale la pena parlare dei confessionali, tra i quali quello piccolo nella navata laterale sinistra risale addirittura al 1500. Gli altri tre confessionali sono della seconda metà del XIX secolo.

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