“Le case pressoché tutte rustiche ed ammassate le une vicine alle altre, sono protette dall’assai frequentato tempio di S. Lorenzo”. Così appariva nel 1917 l’abitato di Armio a don Celestino Del Torchio, un quadro urbano che, ancora oggi, dopo la riqualificazione di buona parte delle abitazioni, colpisce per il rustico sapore di villaggio di stampo oramai alpino. Armio, infatti, oggi frazione del Comune di Maccagno con Pino e Veddasca, si dispone a 800 metri di quota su un terrazzo dominante la profonda fossa della Val Veddasca e, come un tempo, è dominato dalla mole (per certi aspetti imponente) della chiesa parrocchiale che si staglia sulle cime dei monti (oltre 2000 m) che le fanno da corona. La chiesa s’innalza su un sagrato quadrangolare, già area cimiteriale, con una chiara facciata classicheggiante (timpano triangolare retto da gioco di salienti e cornici), ripensata nel ‘900, ma con bel portale tardo seicentesco in pietra il cui attico, ad ali curvilinee terminanti in voluta, trova corrispondenza nei coevi manufatti della parrocchiale di Garabiolo e della Madonna del Rosario a Maccagno Inferiore. Il campanile conserva le uniche tracce della primitiva costruzione romanica. L’edificio, infatti, è frutto di una ricostruzione integrale completata nel 1685, anno della consacrazione, e presenta un impianto fedele ai modelli più diffusi nell’edilizia ambrosiana del XVII sec., ma non per questo adattato al luogo con finezza; l’architettura del ricostruito S. Lorenzo di Armio, infatti, fu elogiata dal card. Giuseppe Pozzobonelli nel 1748. La navata unica è coperta di volte ‘unghiate’; ai lati si aprono due cappelle per parte, a pianta rettangolare (interessanti gli stucchi della cappella dell’Immacolata); il profondo presbiterio ha una terminazione poligonale che, in zona, trova rimandi solo con la coeva ricostruzione del S. Eusebio di Agra. Sulla facciata, due affreschi novecenteschi di Pompeo Bottini attirarono l’attenzione di un altro cardinale milanese attento alle ‘cose d’arte’, Ildefonso Schuster. Sul sagrato, infine, i muretti di cinta sono rivestiti con lastre di pietra di recupero, alcune recano “incisioni di cuppelle, quei misteriosi incavi di forma semisferica che si ritengono legati a culti preistorici, documentati nell’alta valle da molte incisioni rupestri. Non è da escludere che nel riuso delle pietre si sia tento in conto una sorta di continuità sacrale” per il luogo (Frigerio). All’interno della chiesa una lapide ricorda don Enrico Arrigoni (1934-2001), primo parroco della parrocchia di S. Carlo, istituita nel 1986, con centro in Armio, e circoscrizione estesa da Cadero (a valle) a Biegno (a monte). Lo si ricorda soprattutto per lo spirito “tanto vicino alla sua gente con la quale ha condiviso […] la fatica quotidiana” e le opere dedicate a rinsaldare la vita comunitaria di un’intera valle (l’oratorio e il salone parrocchiale, oggi in disuso) attorno a un messaggio aperto al dialogo e alla vita.
VIA FRANCISCA DEL LUCOMAGNO
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