S. Giuseppe sorge fuori dall’abitato di Graglio, frazione montana del Comune di Maccagno con Pino e Veddasca, lungo un sentiero che sale per il fianco scosceso della montagna, un tempo unico collegamento tra il lago e i paesi della Valle Veddasca. Era il luogo degli addii, dove le spose e le mamme del paese salutavano i loro uomini emigranti, secondo una tradizione che caratterizzò la società locale sino a buona parte del ‘900. Da qui, forse, l’invocazione a S. Giuseppe. A protezione dei passanti e dei pellegrini (devoti a un’immagine sacra con la Madonna ‘del latte’), la chiesa offriva e ancora offre un ampio porticato, allungato in due campate e costruito davanti al corpo della chiesa già alla fine del XVII sec. Le arcate, rette da pilastri in pietra quadrangolari, sono coperte con volte; al di sotto si apre il semplice portale sormontato dall’affresco con la Madonna ‘del latte’; si tratta di un lavoro dei primi anni del XVI sec. che, certamente ricollocato nella posizione attuale, è d’incerta origine e non è escluso che possa provenire dalla vicina chiesa parrocchiale, con documentati e coevi cicli affrescati col tempo distrutti. Di certo, la Madonna con Gesù bambino, sopra l’ingresso dell’oratorio di S. Giuseppe, è all’origine della sacralità del luogo, almeno dal 1644 posto sotto la protezione di Maria. La chiesa si allunga con una breve aula unica a pianta rettangolare prima di aprirsi in un presbiterio ampio e singolare, modellato in forma di ottagono e coperto da una cupola estradossata retta da un tamburo cilindrico. L’altare maggiore, buon lavoro ricco di stucchi decorativi, stupisce per la complessità e la qualità, certamente opera di una bottega locale ancora sconosciuta, ma che operava nel solco delle professionalità legate all’edilizia, campo nel quale gli emigranti della Valle Veddasca si distinsero nei secoli. Si tratta di un altare in muratura eretto alla metà del XVIII sec. quasi al centro del presbiterio e allungato, sino alle estremità del vano, con due ali laterali dove sono ricavate due porte di accesso (una per parte) al retrostante abside, una soluzione che permetteva di creare un’improvvisata sacrestia mascherata alla vista dei fedeli. Il rivestimento di stucco, tra cartigli, angeli, volute alternativamente convergenti o divergenti ai diversi piani e festoni, rende l’altare quasi un gioiello incastonato nel severo scrigno di pietra della chiesa. Sull’ancona campeggia un affresco con Madonna, Gesù bambino, S. Giuseppe e i santi Protaso e Gervaso, protettori della chiesa parrocchiale della località. Nell’opera è stata riconosciuta la mano giovanile di Antonio Ciseri. Il luogo è suggestivo, per la fitta boscaglia che circonda la chiesa e il suo portichetto. Il toponimo (Pedenegra o Penedegra) indica che, in origine, la vegetazione doveva essere costituita prevalentemente di aceri.
XVII – Don Celestino Del Torchio, autore nel 1925 di un’utile storia della Valle Veddasca, così avviò la descrizione dell’oratorio di S. Giuseppe: “Vuolsi sia l’antico Lazzaretto a tempo della peste, poi mutato in Santuario (1600) alla Madonna per l’avvenuta miracolosa guarigione della sordomuta Sartorio, registrato nella cronistoria della parrocchia” di Graglio. La peste sarebbe quella ‘di S. Carlo’ (fine XVI sec.), particolarmente virulenta nell’alto Verbano; ma non ci sono altre prove di qualche lazzaretto nell’area. La cronologia proposta, invece, è accettabile (l’acquasantiera interna reca la data 1613); verosimile anche l’originaria dedicazione a Maria (documentata nel 1644) forse per via dell’affresco con Madonna ‘del latte’, murato sopra l’ingresso, più antico (inizi del XVI sec) e, forse, di trasporto dalla parrocchiale. Nel XVII sec., tuttavia, l’edificio era una semplice “cellula”, ossia di cappella aperta a protezione dell’affresco votivo.
1644 – Tra 1644 (mancata citazione) e 1683 (prima menzione) la “cellula” originaria fu racchiusa in una vera e propria chiesa, con aula rettangolare, presbiterio quadrato e portico in facciata. Se ne trova traccia nel progetto di ampliamento dell'”oratorio presente” avviato dal 1752 e nella visita del card. Pozzobonelli, del 1748, quando la chiesa era già preceduta dal singolare portico “quatuor subtulto pilis lateritiis” (in vero in pietra). L’altare maggiore, si apprende dalle carte del 1748, era dedicato a S. Giuseppe. Non è chiaro se la primitiva cappella aperta sia o meno da identificare con la prima campata del portico, sulla cui parete di fondo poteva sussistere (perché qui dipinta, o trasportata nel tempo) la Madonna ‘del latte’ di cui si è detto, oggi ricollocata (e vistosamente tagliata) sopra la porta d’ingresso. In ogni caso, vi è stata riconosciuta l’influenza della bottega itinerante di Antonio Da Tradate, attiva in valle attorno al 1504.
1752 – Nel 1752 gli abitanti di Graglio presentarono alla curia di Milano un disegno per la riforma dell'”angusto” oratorio, già esistente e rispondente alle norme. Si pensava, semplicemente, di chiudere una campata del portico, per aumentarne la capienza. Si risolse, invece, per uno slancio costruttivo di più alto profilo: fu ampliato il presbiterio in forma ottagonale e fu innalzata, al di sopra, una cupola retta da un tamburo cilindrico, estradossata e protetta da una copertura conica rivestita di ‘piode’, ossia scandole di pietra. Al centro del riformato presbiterio trovò posto un nuovo altare maggiore, complesso palinsesto di muratura, rivestito di stucchi ornamentali, vero gioiello racchiuso entro lo scrigno di severa pietra della chiesa.
XIX – Attorno al 1845 Antonio Ciseri avrebbe dipinto, sull’ancona dell’altare maggiore, costruita in muratura e, forse, prima occupata da un dipinto di soggetto sconosciuto, un complesso affresco con Madonna con bambino, S. Giuseppe e i santi Protaso e Gervaso, che ancora si ammira. L’attribuzione deriva da un coevo affresco presente in un’altra chiesa di Graglio (Madonna delle nevi), popolarmente attribuito ad una fase giovanile del pittore di Ascona, poi destinato a gloriosa carriera in Italia. L’assiepamento dei santi sull’altare trova una precisa corrispondenza nella storia devozionale della parrocchia: S. Giuseppe sostituiva l’antica invocazione dell’oratorio alla Madonna (all’Immacolata e allo sposo di Maria erano legate anche le feste celebrate nella chiesa); ai santi Gervaso e Protaso era intitolata la parrocchiale della località.