Chiesa di San Gallo (Castendallo, Montegrino Valtravaglia)

Diocesi di Milano - chiesa sussidiaria - Lombardia

Montegrino Valtravaglia - VA - 21010

Le informazioni riportate, in tutto o in parte, sono riprese da BeWeb, la banca dati dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI , implementata dalle diocesi e dagli istituti culturali che hanno concluso il rilevamento e la descrizione del patrimonio sul proprio territorio. Quanto pubblicato è da intendersi work in progress e pertanto non esente da eventuali suggerimenti per essere migliorato e reso più efficace.

XII – La chiesa di Castendallo è di origini antiche. Prima menzione è quella che ricorre nel ‘Liber Notitiae Sanctorum Mediolani’, compilato da Goffredo da Bussero tra il XIII e il XIV sec.: “In plebe travalia in monte garin. [Montegrino] ecclesia sancti galli”. È probabile, tuttavia, che già da più tempo addietro la piccola comunità si fosse dotata di un rudimentale oratorio campestre. In attesa che siano ricoperte tracce di maggiore antichità dentro o fuori la chiesa (sulla quale mancano indagini approfondite), infatti, fanno fede le evidenti testimonianze romaniche sparse omogeneamente nell’abitato a riprova di un insediamento socialmente e urbanisticamente consolidato già nei primi secoli dopo il Mille (XII-XIII).
1601 – Non è chiaro se la chiesa attuale corrisponda o no a quella antica. A rendere complessa l’associazione contribuisce la questione dell’orientamento. Nel 1748, ad esempio, il card. Giuseppe Pozzobonelli chiariva che l’altare a “oriente spectat”, mentre già dagli esordi del XVII sec. l’oratorio, sostanzialmente nelle forme odierne, era stato rivolto a sud. Le opere seicentesche sono documentate da una lapide (trascritta in anni recenti) sulla controfacciata, riportante la data del radicale rinnovamento (“ANNO DOM. MDCI”) e la conseguente, nuova invocazione intitolazione alla “B.V.M. [“Lauretana”, come si specificò nel 1748]”, nonché ai “SS. FRANC. [Francesco] ET ANT [Antonio da Padova]”. Promotore delle opere, si apprende dalla medesima iscrizione, era stato tale “FRANCISCUS CONTINI”. Il suo legato per una messa annua era l’unico di cui ancora beneficiava la piccola chiesa di Castendallo ancora nel 1748: “Beneficius […] à Rev. Jo. Maria Contino”.
1601 – I lavori avviati nel 1601 comportarono l’introduzione di una volta a botte sopra la piccola aula unica e la riconfigurazione integrale dell’area presbiteriale. Furono, forse, risparmiate le murature antiche dell’invaso principale, utilizzate, com’era d’abitudine, per appoggiare le nuove coperture. Le opere furono suggellate da una tela apposta nel 1603 sulla parete di fondo del presbiterio e raffigurante, coerentemente con la nuova invocazione plurima dell’oratorio, la ‘Madonna di Loreto tra san Francesco e sant’Antonio’. Ne fu autore un certo Contini; un suo lontano discendente (forse quell’Italo che risulta attivo nella chiesetta nei primi anni del XIX sec.) si fece promotore di un accurato restauro dell’opera nel 1915.
1915 – L’iscrizione seicentesca fu rinnovata nel 1915 quando la chiesa fu interessata da nuovi lavori, patrocinati, come si legge in una seconda lapide, “EX ALOISIAE CONTINI ET I. ANGELI”. Questi, s’immagina, erano lontani discendenti del rev. Giovanni Francesco di cui rinnovavano la memoria e l’opera a servizio della chiesa. Le due iscrizioni aprono a un’articolata indagine famigliare di cui possiamo ricostruire solo alcuni episodi, tutti rispecchiati nella storia dell’oratorio di Castendallo: Luisa agiva in comunione d’intenti con Angelo; Angelo (o Italo Angelo) dovrebbe essere il pittore che nello stesso anno si premurava di restaurare la pala d’altare dipinta nel 1603 da un avo; sue le decorazioni in S. Antonio a Bonera (1927), altra frazione di Montegrino. Luisa morì il 2.III.1915 senza eredi (da qui la difficoltà a comprendere quale legame la unisse ad Angelo); lasciò tutti i beni al parroco Felice Gandini per l’istituzione di cause pie nella natia Castendallo.
1939 – Sulla controfacciata della chiesa una terza e ultima iscrizione costituisce l’unica documentazione di un’ulteriore fase di restauro, non altrimenti documentata. Le opere, questa volta, sarebbero state patrocinate da don Felice Gandini col concorso di tutta la comunità. La data del cantiere è nota (“ANNO DOM. MCMXXXIX”), non l’entità delle opere.

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