La chiesa di San Dionigi si trova nel complesso di Palazzo Pinetti, accessibile tramite il cortile interno e ubicata all’angolo tra due corpi di fabbrica adiacenti. Orientata con altare verso sud ha una pianta ottagonale e cupola a catino affrescata con figure di santi e lanterna centrale. La pavimentazione è interamente realizzata in marmo rosso di Verona.
Oltre al piano della chiesa, rialzato rispetto al sagrato, si nota anche un piano seminterrato (sono infatti visibili in facciata due finestre di ventilazione). La facciata esterna, intonacata e verniciata, presenta due ordini. L’ordine inferiore è composto da quattro paraste con capitello composito. Il fusto e il capitello sono di arenaria, mentre il basamento è di granito, come la cornice delle finestre del seminterrato. L’accesso alla chiesa è possibile salendo quattro gradini di granito. Ai lati del portale d’ingresso ci sono due nicchie con cornice di arenaria, contenenti affreschi di santi. Le due nicchie e il portale sono sormontate rispettivamente da finestre tamponate e da una finestra centrale. L’ordine superiore presenta tre aperture trilobate. Il Portone è di legno massello laccato con borchie metalliche.
Internamente, sulla destra dell’ingresso si trova l’accesso alla torre campanaria e alla sacrestia, quest’ultima posizionata nel seminterrato.
X – Il primo riferimento esplicito alla chiesa risale al 1157 in una bolla papale.
San Carlo Borromeo visita questa chiesa nel Cinquecento e la descrive molto ornata da stucchi sia all’interno che all’esterno. Si poteva entrare solo attraverso l’abitazione dell’abate e poteva contenere cento persone.
Nelle Visite settecentesche è descritta come chiesa pubblica malgrado sia eretta all’interno del Palazzo Prinetti, già strutturata con altare verso mezzogiorno.
Era già con pianta ellittica e cupola a catino completamente dipinta da un’opera di “inferiore pennello”. Aveva un solo altare con soprastante Ancona raffigurante Gesù deposto dalla Croce. Esisteva la sacrestia e il campanile con una sola campana.
XIX – Alla fine dell’Ottocento, quando la proprietà del bene risultava della famiglia Prinetti, la pala d’altare era costituita da un affresco del Morazzone, raffigurante Mosè.
Trasferita la proprietà del bene alla Parrocchia di S. Ambrogio, fu restaurata nel 1960 per volere del prevosto Don Franco Longoni.
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