La chiesa sorse in luogo dell’antica Santa Maria dei Servi che, anche a causa della soppressione dei beni dei Serviti a fine Settecento, fu giudicata sacrificabile in funzione di una ricostruzione meglio adeguata al contesto urbano del centro cittadino, in forte rinnovamento nei decenni centrali della prima metà del XIX sec.
L’intervento fu caldeggiato dall’allora parroco, Giacinto Amati, che non esitò a incaricare il fratello, l’architetto Carlo, dei piani per un tempio a pianta centrale coronato di cupola, dalle ideali linee classicheggianti, e di una piazza a portici antistante.
Due i modelli di riferimento: il Pantheon romano (letteralmente recuperato da Carlo Amati anche nel disegno del pavimento, ma reinterpretato in ben differente funzione simbolica e liturgica) e, per i rapporti urbanistici e il gioco scalare dei volumi esterni, il progetto per il S. Francesco di Paola a Napoli, allora da poco terminato.
I lavori iniziarono nel 1836 (non nel 1828 come riportato in varie fonti) e si protrassero nel tempo; solo poco prima della metà del secolo fu gettata l’ardita cupola (senza armature) da parte di Felice Pizzagalli.
La pianta della piazza/sagrato, aperta sul lato settentrionale di Corso Vittorio Emanuele, è all’incirca quadrata, recinta da pilastri su due lati.
L’atrio della chiesa si inserisce con continuità grazie a un pronao ottastilo corinzio, a colonne con fusto monolitico di granito.
Il colonnato risvolta con ali di portico sul corso ed è sormontato da edifici speculari, variamente completati nel tempo e in parte ricostruiti dopo i danni dell’ultima guerra. Domina lo spazio la cupola, impostata su un alto tamburo con semicolonne corinzie.
L’interno si sviluppa sul cerchio perfetto e nella replica del modello di riferimento prescelto; il grande vano circolare è coperto per intero dalla cupola; ai lati, sull’asse trasversale, si aprono due ampie esedre, inquadrate da colonnati; altre cappelle laterali si innestano sugli assi obliqui. Il presbiterio ha terminazione rettilinea.
1831 – Il cantiere della chiesa di San Carlo si inaugura a partire dal 1836, dopo un’intensa fase di progettazione affidata all’architetto Carlo Amati (durata più di un lustro, dalle prime proposte avanzate nel 1831) e nel contesto di un più vasto piano per il ridisegno dell’intera Corsia dei Servi (oggi corso Vittorio Emanuele) tra piazza San Babila e piazza Duomo. Il “rettifilo” dell’importante arteria cittadina, oggetto di ampio dibattito e lunghe elaborazioni formali, aveva imposto la demolizione dell’antica chiesa di Santa Maria dei Servi stimolando di fatto alla costruzione di una nuova chiesa parrocchiale con evidenti implicazioni a scala urbana nell’ambito del rinnovamento di quel settore della città.
1836 – Nel 1836, per voto contro un’epidemia di colera, i lavori riprendono con rinnovato slancio e sotto una direzione prevalentemente affidata all’architetto Felice Pizzagalli. Difficoltà finanziarie e l’effettiva complessità del cantiere (soprattutto per via della cupola) comportano continui rinvii: il tempio è consacrato nel 1847, ma può dirsi ultimato solo nel 1851.
1895 – Nel 1895 un incendio danneggia la cupola che verrà ripristinata negli anni seguenti.
1944 – Nel 1944 i bombardamenti interessano la chiesa, che riporta particolari danni strutturali (alla cupola) e al ricco assetto decorativo, con la perdita, ad esempio, del pulpito in legno dorato collocato a sinistra del presbiterio.
2000 – Tra il 2000 e il 2005 il presbiterio e l’aula del tempio (compreso alcune cappelle laterali) sono interessati da una campagna di restauro conservativo. La direzione dei lavori è affidata allo studio di architettura Scurati Manzoni, le opere alla ditta GF Marcato.
2008 – Negli anni successivi si prosegue con ulteriori lotti per il restauro conservativo della cupola.