Chiesa della Madonna delle Grazie (Maccagno Inferiore, Maccagno con Pino e Veddasca)

Diocesi di Milano - chiesa sussidiaria - Lombardia

Maccagno con Pino e Veddasca - Via Caretti - VA - 21061

0332/560190

Le informazioni riportate, in tutto o in parte, sono riprese da BeWeb, la banca dati dell’Ufficio Nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della CEI , implementata dalle diocesi e dagli istituti culturali che hanno concluso il rilevamento e la descrizione del patrimonio sul proprio territorio. Quanto pubblicato è da intendersi work in progress e pertanto non esente da eventuali suggerimenti per essere migliorato e reso più efficace.

XV – L’affresco, presente sulla parete di fondo del presbiterio e databile, nonostante le evidenti ridipinture, ai primi anni del XVI sec. (per stretta analogia con coevi affreschi in altre chiese del territorio di Maccagno), contribuisce a fissare l’origine del luogo sacro attorno allo scorcio del XV sec. o, al più tardi, proprio allo scoccare di quello successivo. Sembra possibile associare all’affresco, infatti, anche l’intero spazio del presbiterio: la pianta quadrata, la copertura con volta a crociera e la ridotta elevazione rispetto all’aula unica trovano rimandi in analoghe costruzioni ecclesiastiche dell’area a cavallo tra XV e XVI sec. Non è possibile stabilire, tuttavia, se questo primo edificio fosse già nelle forme di una vera e propria chiesetta (con ulteriore corpo di fabbrica per i fedeli) o se, in alternativa, si trattasse di semplice cappella aperta costruita a riparo dell’immagine sacra e limitata, quindi, alla superficie dell’attuale presbiterio.
XVII – Nel 1683, durante la visita sul posto del card. Federico Visconti, furono rilevate le prime misure disponibili dell’edificio: 15 x 8 cubiti “circiter”. Si tratta di dimensioni corrispondenti a una ridotta chiesa ad aula unica, coerenti con quelle rilevate dal card. Pozzobonelli nel 1748 (16 x 9) e con quelle dell’attuale fabbricato. Il dato contribuisce a fissare un termine ante quem per l’intera gamma di riforme che, quale che fosse la tipologia e l’aspetto del primitivo luogo sacro, avrebbero restituito alla chiesa il volto che ancora oggi conserva: innalzamento dei muri d’ambito della navata; costruzione di volte sopra lo spazio dei fedeli; costruzione (o ampliamento) della sacrestia sul lato meridionale; creazione di una nuova e relativamente complessa facciata, intessuta di lesene e modanature; creazione di un’elaborata cornice di legno intagliato, dipinto e dorato attorno all’affresco cinquecentesco.
1920 – “Da un lustro fu il santuario in parte restaurato dall’attuale Parroco Mazzuchelli”. Con questa affermazione, don Celestino Del Torchio chiudeva la sua personale descrizione della romita chiesetta, nell’ambito di un volumetto dedicato a Maccagno e alla Val Veddasca dato alle stampe nel 1925. Il volumetto è altrettanto interessante per alcune leggende legate al luogo: “La tradizione vuole che in quella località fosse conservato, in antico, il culto della divinità pagana (Venere)” e che vi fosse costruito “in seguito […] un Lazzaretto per accogliervi le vittime della peste”. La prima asserzione è chiara derivazione dal toponimo della località, spesso storpiato in Monte Venere dall’originario, e corretto, Venero. La seconda è più plausibile, ancorché priva di appigli documentali.

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