La chiesa sorge nel cuore dell’abitato di Bedero: lungo la contrada principale, circa alla metà, si apre uno slargo con duplice funzione di piazzetta pubblica e di sagrato per l’edificio sacro. La necessità di adeguarsi all’impianto urbano e all’orografia accidentata dei luoghi, determinò la deroga da corrette regole di orientamento liturgico: il S. Rocco di Bedero, infatti, si dispone con abside quasi rivolta a nord. La chiesa è a aula unica con presbiterio quadrangolare. La navata è scandita in due campate coperte, come il presbiterio, con ariose volte a vela qui singolarmente impiegate in luogo della volta a botte che rappresentava, nell’alto Verbano lombardo, il canone stabile delle fabbriche ecclesiastiche del XVII sec. La facciata è semplice, eppure non priva di qualche ricercatezza; il tema tradizionale del frontone triangolare è infatti impreziosito da due brevi fastigi laterali rettilinei cui corrispondono, nel ritmo del sottostante prospetto, due lesene binate per parte attorno al disadorno portone di pietra. Il campanile, sul fianco rivolto alla strada pubblica, è bel lavoro della metà del XIX sec., frutto del disegno di un architetto neoclassico di vaglia, allora assai attivo a Torino: Ferdinando Caronesi.
XVI – La documentazione sinora radunata sull’edificio sacro, posto nel centro di Bedero, è scarna. Dallo spoglio delle visite pastorali si apprende solo che, sino al 1596, questo aveva forma di semplice cappella aperta, ossia con altare per le celebrazioni protetto entro una cella quadrangolare alla quale mancava la facciata.
XVII – La riforma e l’ampliamento del S. Rocco di Bedero si colloca in anni successivi all’ondata pestilenziale del 1630, nota alle cronache come “peste manzoniana”. Per lo scampato pericolo, le valli del Verbano orientale si punteggiarono di oratori e chiese dedicate a S. Rocco. Tra questi, anche quello di Bedero che, conformemente agli altri, crebbe secondo una semplice tipologia di chiesa ad aula unica rettangolare e con presbiterio quadrangolare.
1838 – Nel 1838 si decise di innalzare sulla chiesetta un campanile, sino ad allora mancante. Allo scopo, fu ingaggiato un architetto di origini locali, ma con affermato studio a Torino: Ferdinando Caronesi. Per mancanza di fondi e lunghe procedure burocratiche, messe in atto dal dipartimento delle pubbliche costruzioni dell’allora governo austriaco a Milano, il cantiere fu differito negli anni, ma senza derogare all’originaria idea e al disegno di Caronesi. Ammirevole fu lo sforzo della comunità per assicurare continuità ai lavori. Nel 1850, una cronaca registrò che “mastri e garzoni lavorarono per la massima parte gratis” e che “il materiale salì, compresi i mattoni della cupola, per le spalle delle donne sul campanile, mediante opportune andatoie guarentite di sbarre”. In occasione di questi lavori furono apportate lievi modifiche alla chiesa seicentesca, impreziosita da una serie di finestre “a lunetta” introdotte per garantire maggior illuminazione all’ambiente interno.