La chiesa dei santi Martiri Alessandro e Tiburzio sorge nel cuore dell’abitato di Besozzo, nei pressi del castello di origine medievale, in luogo ricco di memorie e di storia.
Qui, infatti, sorgeva l’antica chiesa dedicata a Sant’Alessandro documentata sin dal X sec., con annesso monastero di agostiniani e canonica (dal XIII sec., almeno).
Nei pressi, inoltre, doveva sorgere una seconda chiesa intitolata al martire Tiburzio, unica nella diocesi milanese, ricondotta sin dal ’300 ad altare nel tempio principale, come perdura tutt’oggi. La chiesa antica era di rito romano.
Carlo Borromeo la ricondusse al rito ambrosiano nel 1574, quando decise per il trasferimento della sede plebana installata alla metà del primo millennio a Brebbia.
La traslazione coincise con l’avvio di una sostanziale riconfigurazione dei luoghi che sfociò nel 1616 in un progetto organico di ricostruzione che portò la chiesa alle forme attuali grazie a un impegnativo cantiere durato 36 anni, tra il 1647 e il 1683.
Gli studiosi dibattono sull’attribuzione del progetto a Fabio Mangone o a Giuseppe Bernascone, presente a Besozzo nel 1618, reduce dalla colossale impresa delle cappelle del Sacro Monte di Varese.
Propendeva per il secondo Gian Battista Maderna; rimase sospeso il giudizio di Silvano Colombo; recentemente (Rinaldi; Aldeni) l’attribuzione a Fabio Mangone è stata ripresa con maggiore sostanza critica. In ogni caso, il nuovo tempio seicentesco di Besozzo era destinato “a far scuola” in ambito varesino, con echi ramificati sin nelle località minori e sin nel cuore del XVIII sec.
La chiesa si presenta con una classicheggiante facciata percorsa da lesene corinzie, frutto di un’operazione di completamento della metà del XIX sec.
L’interno è vasto e solenne, rivestito di stucchi (variamente ripresi nel tempo) e affreschi novecenteschi inneggianti alle glorie e alle vite dei due titolari.
L’aula unica dei fedeli è affiancata da tre cappelle per parte e si apre in un transetto costituito dalle due cappelle maggiori, innestate prima del presbiterio ed elevate all’altezza della nave. Il coro è quadrato, l’abside termina in semi-cerchio. L’impianto, complessivamente, derivava da modelli assai diffusi in ambito ambrosiano nel corso del XVII sec.; nuova è la spazialità fluente delle linee che lega in unità le cappelle maggiori e trova nel presbiterio il punto focale grazie al sapiente coinvolgimento in un disegno tridimensionale di volte e cupole a sottolineare la continuità dell’ambiente interno.
Il campanile si appoggia sul fianco sud della costruzione.
Nella prima campata a destra si accede alla cappella di S. Caterina, dove si conserva l’unico ciclo di affreschi (XVI sec.) precedente alla ricostruzione generale della chiesa.
X – S. Alessandro di Besozzo è documentato sin dal 968 grazie a un regesto di beni amministrati in territori posti sotto la giurisdizione del vescovo di Novara. Nel XII sec. il luogo di culto era proprietà della chiesa di Roma (da qui il rito romano praticato ininterrottamente sino al 1574). Almeno dal XIII sec. vi era annesso un monastero di agostiniani, deputato alla cura d’anime e che in quel secolo risultava, con la chiesa, governato dal monastero di s. Giulio di Dulzago. Dalla fine del Duecento è presumibile che vi fosse istituita una canonica, attestata agli esordi del Trecento, quando già esisteva da tempo a Besozzo una seconda chiesa, posta sotto l’intitolazione a S. Tiburzio e ricondotta, nel volgere di pochi decenni, forse di pochi anni, ad altare nel tempio principale (1307: “in ecclesia s. Alessandri ad altare s. Tiburtii; cfr. Besozzi 1992).
1574 – Nel 1574 Carlo Borromeo avviò le pratiche per il trasferimento della sede plebana dall’antica Brebbia a Besozzo, località divenuta centrale per economia e società grazie agli innesti qualificanti della ramificata famiglia dei Castelbesozzi (o Besozzi). Ricondotti i luoghi al rito ambrosiano, soppresse il monastero accorpandone i beni al Seminario di Milano. Ne seguirono incerti tentativi di riforma più o meno integrale del tempio (il progetto più organico fu presentato al cardinale nel 1577), sfociati almeno nella riconfigurazione del presbiterio conclusa entro il 1579.
1616 – Nel 1616 monsignor Mazenta visitò Besozzo con l’architetto Fabio Mangone, incaricato di redigere un “novo dissegno formato col parere et ordine di detto Monsignor” per la ricostruzione alla radice della chiesa di S. Alessandro. Solo nel 1618, tuttavia, si sarebbe giunti alla posa della prima pietra. Di certo, in quell’anno, era presente in cantiere l’architetto Giuseppe Bernasconi, che aveva provveduto a tracciare le linee generali delle fondamenta.
1647 – Entrambi i protagonisti (il cui ruolo effettivo è ancora dibattuto) erano destinati a non lasciare altra traccia documentale del loro apporto alla riconfigurazione generale della chiesa, mentre la generosità dell’impianto e la difficoltà di reperire mezzi e risorse impose di traslare nei decenni ogni velleità di completamento. I lavori iniziarono, infatti, nel 1674 e solo nel 1683 il card. Federico Visconti poté constatare il pressoché totale completamento degli sforzi, annotando, durante una visita nei luoghi: “la chiesa dei SS. Alessandro e Tiburzio è stata conclusa quasi a perfezione”.
XIX – La facciata del tempio seicentesco rimase al rustico e solo nel XIX sec. si diede mano al completamento, quale è oggi. Questa fase del cantiere della chiesa di S. Alessandro non è documentata. Probabile che la cronologia vada fissata attorno alla metà del secolo, quando l’ingegnere Galiano Garavaglia presentava il progetto per la bussola e la porta centrale. Non è escluso che la paternità complessiva dell’opera possa ricadere sul poco noto professionista, attivo anche nella chiesa di S. Vito a Bogno. In quegli stessi decenni si andava perfezionando anche la torre campanaria, con rivisitazione della cella e del lanternino sommitale.
1900 – Tra il 1900 e il 1914 furono portate a compimento molte tra le opere di decorazione e abbellimento rimaste sospese. Tra il 1900 e il 1903 il pittore Davide Beghè fu incaricato di dipingere pareti, presbiterio e volta interni, con scene ispirare alle agiografie dei santi titolari. Tra il 1911 e il 1914, invece, furono collocate le statue dei santi nelle nicchie della facciata.
1990 – La chiesa di S. Alessandro fu sottoposta a un intervento di restauro conservativo terminato nel 1995: tra le opere, oltre ad adeguamenti agli impianti e al recupero delle superfici affrescate e intonacate esterne e interne, anche la riconfigurazione dell’area presbiteriale.