Attorno al IV – V secolo dopo cristo la religione Cristiana andava sempre più diffondendosi raggiungendo anche le zone più remote.
Dopo secoli di contrasti con la vecchia religione Romana politeista i Cristiani dovevano ora fare i conti con gli invasori barbari che con il loro passaggio devastavano le città.
I popoli Padani sempre più esposti ad assalti da parte degli invasori spopolarono le zone urbane spostandosi e creando nuovi nuclei insediativi.
Fu in quel periodo che una comunità clericale retta da un arciprete s’insediò in un enorme bosco di carpini in quella che è ora Località Taglie.
Fu per questo motivo che il paese divenne Carpenedolo: vale a dire terra dei Carpini anche se purtroppo ora non ve ne sono più.
La comunità appena insediata costruì una primordiale chiesetta sui cui resti sarà costruita la Pieve Romanica “Santa Maria in Carpino”.
Nei pressi della Pieve furono ritrovati numerosi reperti archeologici d’antica arte Cristiana del VI secolo e numerosi resti umani.
Una pietra alto medievale è ora infissa nella parete meridionale della chiesetta.
Anni fa era così frequente ritrovare resti che un’enorme pietra risalente al pluteo paleocristiano era adoperata come ponte su un fosso tra un campo e l’altro allorché ad un signore appassionato di storia che era di passaggio alle Taglie “si rizzarono i capelli dallo stupore” nello scorgere tale pietra del VI secolo che poi altro non era che una parte dell’antica chiesetta rimpiazzata dalla più recente Pieve.
Molti pensano che ciò che è stato ritrovato sia solo la punta di un iceberg; gli agricoltori si augurano invece che non sia così, per non vedersi confiscati terreni.
Lo stile romanico è riconoscibile dall’antica abside primitiva in marmo Botticino poi innalzata nel XV secolo.
Da un assaggio agli affreschi interni sembra che sotto ad essi vi siano celati antichi affreschi medievali.
Gli affreschi interni all’abside rappresentano “Gesù Maestro tra i simboli degli evangelisti” e “la Beata Vergine tra i Santi”.
L’affresco sull’altare è “La Beata Vergine adora il Bambin Gesù” di Bembo.
XIV – Il primo documento che cita la pieve di Carpenedolo risale al 1378.
XIV – La pieve fu abbandonata in epoca sconosciuta, forse tra Trecento e Quattrocento. La sua funzione di parrocchiale fu presa dalla chiesa di San Giovanni Battista.
XV – Nle XV secolo, con l costruzione del castrum e della chiesa parrocchiale, la pieve perdeva la sua funzione di direzione ecclesiastica. Questo rimaneggiamento riguarda la forma architettonica, con l’innalzamento dell’abside in mattoni e la decorazione a denti di sega dell’attuale sottogronda. Nel 1566 il vescovo Bollani decretò, nella sua visita, di aprire un oculo sulla facciata e una finestra laterale e di togliere un altare esterno. Nel 1597 l’oculo non era ancora stato fatto e il vescovo Marino Giorgi ne ordinò l’apertura, nella sua visita del 12 maggio di quell’anno. La conclusione degli interventi può datarsi alla fine del Cinquecento, o poco oltre.
XVI – Nella visita pastorale del Nigusanzio del 27 aprile 1556, il rev. Gerolamo Lanfranchi, funzionante come parroco per Lorenzo Pizzoni, afferma: alla pieve si celebra e si reca in processione nei gironi della festa dell’Assunta e dell’Annunciazione e spesso si celebra nei giorni feriali, non però nei festivi, a causa della distanza; la chiesa è custodita idoneamente e chiusa; vi si tengono i paramenti per la messa”.
XVI – I verbali della visita di Cristoforo Pilati, del 20 marzo 1580, affermano che la chiesa di Santa Maria della Pieve è parrocchiale e tiene ancora il titolo di arcipresbiterale: non è consacrata, è disadorna e vetusta, con un unico altare, dove si celebra talvolta da parte dell’arciprete; ha alcune case annesse, dove abita un eremita. I decreti della visita carolina danno le seguenti disposizioni: l’altare sia ridotto alla forma prescritta e sia circondato da cancelli almeno di legno; si eguagli il pavimento; le pareti interne siano imbiancate e quelle esterne intonacate; il luogo, che è unito alla chiesa dal lato meridionale, sia ridotto a sagrestia, e non serva ad altro fine che a conservare le suppellettili della chiesa.
XIX – Lo stato della pieve viene ampiamente descritto in un inventario del beneficio dell’arciprebenda presentato al nuovo arciprete don Giovanni Isonni, nominato il 16 gennaio 1876. Il documento, datato 6 ottobre 1875, elenca i beni del sito della pieve: la casa colonica antistante, con portico, varie stanze, fienili, con “servitù di transito per la chiesa casa del custode e orto”, l’orto e pascolo a mezzogiorno, la chiesa e l’annessa casa del sagrista.
Dal documento risulta che nella parete settentrionale della chiesa, nella zona dell’attuale finestra vi erano varie aperture che davano luce al presbiterio; il tetto era armato a tavelloni; nello spazio dietro l’altare era ricavata la sagrestia, chiusa ai lati dell’altare da un assito con aperture; davanti alla chiesa vi era un portico.
XX – Restauri guidati dalla Soprintendenza dei beni architettonici e ambientali di Brescia, Cremona e Mantova sono stati eseguiti in varie fasi: nel 1989, agli affreschi del catino dell’abside; nel 1993 ai due quadri dell’Annunciazione e di San Nicola da Tolentino; nel 1998 agli affreschi parietali.