S. Maria al Paradiso allinea la facciata sul corso di porta Vigentina, ma racchiude alle spalle un complesso ben più articolato e, un tempo, assai esteso.
Il luogo, infatti, fu fondato dai serviti, quindi passò ai francescani del Terz’Ordine che vi ricostruirono l’edificio di culto attuale e il monastero annesso ingaggiando, dal 1590, l’architetto Martino Bassi.
La fronte, tuttavia, è del 1896, opera d’integrazione stilistica dell’architetto Ernesto Pirovano che, oltre a proseguire idealmente le linee generali della fabbrica impresse trecento anni prima dal Bassi, pare si fosse ispirato al prospetto della fronteggiante chiesa di S. Bernardo, di cui oggi avanzano solo alcuni resti.
Suddivisa in due livelli, separati da un cornicione in aggetto e marcati da lesene a ordini sovrapposti, la facciata di S. Maria al Paradiso presenta tre portali d’accesso e una grande serliana centrale.
È ornata da statue e bassorilievi, tra cui le ‘Nozze della Vergine’ e la ‘Natività di Gesù’, “cementi […] dello scultore Ambrogio Pirovano” (Ponzoni).
L’interno è integro nella sostanza cinquecentesca e “nel carattere dell’architettura minore che fu promosso nell’età della Controriforma” (Bascapè-Mezzanotte).
L’ambiente si sviluppa in un’aula unica coperta a volte, quattro cappelle per lato affacciate sulla nave con arco a tutto sesto serrato tra le lesene ioniche che fasciano le pareti, presbiterio a terminazione semicircolare con volta a semitazza.
Tra le cappelle, spicca la terza a destra, dedicata al Crocifisso, dall’architettura variata per via della più tarda costruzione (o ricostruzione) rispetto all’impianto, tra il 1733 e il 1737, a pianta circolare e cupoletta semisferica.
La fama della chiesa è indissolubilmente legata alla lastra di pietra si trova al centro della navata. Si tratta “di una ruota di pietra, con un buco in mezzo, dal quale si dipartono tredici raggi. Doveva essere una pietra tombale, perché il foro nella pietra è detto in Oriente ‘porta della liberazione’, dalla quale passa l’anima del defunto” (Ribaudo).
La pietra, tuttavia, entrò nel culto cristiano grazie all’associazione con l’agiografia di S. Barnaba e nell’immaginario popolare per la festa del ‘Tredesin de mars’ (13 marzo).
La lapide, infatti, fu trasportata dalla chiesa di S. Dionigi a S. Maria al Paradiso dai serviti, di ritorno in porta Vigentina nel 1783, mentre l’antichissima S. Dionigi veniva demolita per ricavare spazio per i giardini pubblici di porta Orientale (porta Venezia).
Probabilmente recuperata nell’area cimiteriale presso porta Orientale, la lapide aveva alimentato per secoli leggende attorno all’azione evangelizzatrice di S. Barnaba, che nel foro avrebbe issato la prima croce cristiana della città, il 13 marzo del 51 d.C., mentre tutt’intorno a lui la neve copiosa di quel tardo inverno si sarebbe sciolta miracolosamente.
Da qui il rafforzarsi della tradizione dell’‘infiorata’ ambrosiana di marzo e il mercato del ‘Tredesin’ che, unitamente alla pietra, fu trasportato da porta Orientale a porta Vigentina. L’insediamento dei serviti fu soppresso nel 1799 e parte dei terreni conventuali divenne proprietà privata, quindi vi si insediò (unitamente alla metà del chiostro sopravvissuto che si sviluppa dietro l’abside dalla chiesa) il Pio Istituto dei Rachitici (ora Istituto Gaetano Pini).
1482 – Nel 1482 i padri serviti osservanti dell’ordine di Sant’Agostino, provenienti da S. Maria dei Servi, innalzarono una chiesa e un monastero fuori porta Romana, vicino al Redefossi, sull’area donata da un privato. Accanto fu trasferita la scuola che il beato Angelo Porro di Guanzate, servita, aveva avviato in Porta Vigentina, sotto l’invocazione della Beata Vergine del Paradiso, per i ragazzi di strada. Poiché la chiesa fu demolita per lasciar posto all’ampliamento della cinta urbana sotto il dominio degli Spagnoli, ai serviti fu concesso, nel 1532, di trasferirsi nell’antica S. Dionigi, all’altro capo della città, presso la porta Orientale. Rimase, nella zona del primitivo stanziamento, un modesto edificio di culto che fu ricostruito e intitolato a S. Maria al Paradiso dopo la scomparsa della chiesa in porta Romana.
1590 – Nel 1545, tuttavia, i serviti ne furono definitivamente espulsi per lasciar porto ai francescani del Terz’Ordine che dal 1590 si cimentarono nell’imponente progetto di ricostruzione integrale del primitivo luogo sacro, senza, tuttavia, mutarne la dedicazione. Il progetto fu affidato a Martino Bassi, conservato in diverse versioni presso la Biblioteca Ambrosiana (Raccolta Ferrari). I lavori furono avviati il 27 giugno 1590, con la cerimonia della posa della prima pietra alla presenza dell’arcivescovo Gaspare Visconti. Attornio al 1600 fu installato il coro nell’abside.
1733 – La grandiosa fabbrica fu completata nei secoli. La terza cappella a destra, dedicata al Crocefisso, fu edificata tra il 1733 e il 1737.
1825 – L’altare maggiore fu innalzato nel 1825 secondo il disegno dell’ingegner Clemente Beneggi e con ingaggio da parte della fabbriceria di S. Calimero, rappresentata da Giuseppe Innocenzo Vittadini. Nel 1799, infatti, l’insediamento monastico fu soppresso: i serviti, che peraltro ne avevano riconquistato il possesso solo nel 1783, furono costretti a riunirsi alla casa madre di S. Maria dei Servi, mentre la chiesa era stata ridotta a sussidiaria di S. Calimero. Nel 1822, l’ingegnere Beneggi aveva ricostruito l’altare maggiore nella parrocchiale di S. Calimero, mentre nel 1841 fu chiamato in S. Maria al Paradiso un’ultima volta per curare l’istallazione dell’orologio sulla torre campanaria (tutta la documentazione in: Archivio Storico comune di Milano, fondo Ornato Fabbriche, cart. 14).
1896 – Nel 1896 (per Ponzoni e Mezzanotte, per altri nel 1897) fu finalmente costruita la facciata, opera dell’architetto Ernesto Pirovano (pure mutuato dal cantiere di S. Calimero, dove era subentrato all’architetto Colla).
1982 – Elevata a sede parrocchiale nel 1962 in unità con S. Calimero, la chiesa di S. Maria al Paradiso fu interessata da interventi di restauro, avviati sporadicamente nel 1970 e poi, nel 1982, meglio orchestrati in una campagna di recupero per affreschi, dipinti, campanile e facciata.
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