La chiesa di San Tomaso in Terramara è orientata in direzione est-ovest; la facciata si rivolge verso via Broletto, il fianco sinistro su via San Tomaso e quello destro confina con un edificio d’abitazione. La facciata principale, costruita in pietra calcarea, è formata da un pronao esastilo con capitelli ionici che sorreggono una trabeazione con fregio (iscrizione “Divo Thomae Apostolo”) e grande timpano. Sopra al pronao si apre una grande lunetta vetrata. La facciata è conclusa da un frontone centrato da un orologio scolpito e disegnato. Il pronao è rialzato di quattro gradini rispetto il livello del marciapiede. L’ingresso avviene da tre porte lignee con portale in granito. Sul fianco sinistro della chiesa, dopo la navata centrale, s’innalza il campanile. L’interno si presenta a navata unica voltata a botte, terminante con abside semicircolare affiancata, ai lati, da due ambienti accessibili dal presbiterio: a destra la sagrestia, a sinistra il campanile. La chiesa è suddivisa in cinque campate: solo le tre centrali introducono alle cappelle laterali, le restanti si presentano come grandi nicchioni per ospitare i confessionali. Le cappelle laterali, voltate a botte, sono rialzate di un gradino sopra la navata e sono chiuse da balaustre in marmo; partendo dall’entrata, dal lato sinistro, sono dedicate: al Crocifisso; a san Carlo; alle Sacre Reliquie (già cappella di S. Martino; poi del Sacro Cuore, cfr. Ponzoni); a destra: alla Madonna (con “simulacro appartenente alla soppressa chiesa di S. Nazaro in Pietrasanta [da] S. Carlo regalata al cessare della peste”; Ponzoni); a san Giovanni Battista (già a sant’Antonio); alla Madonna del rosario. La navata è scandita da larghe lesene ioniche sopra alle quali corre una trabeazione con fregio decorato, che percorre tutto il perimetro della chiesa e dalla quale spicca la volta a botte. Il soffitto della navata è affrescato e, in corrispondenza delle prime e terze cappelle laterali, illuminato da due grandi finestroni rettangolari. La zona presbiteriale è innalzata di tre gradini ed è chiusa da una balaustra in marmo. Nel presbiterio, sopra ulteriori due gradini, svetta l’altare tridentino in marmo, realizzato da Giuseppe Zanoia. Ai lati dell’altare maggiore, due lunette affrescate sono attribuite a Aurelio Luini. L’abside, con pareti intervallate da lesene ioniche, è illuminata da cinque finestre ed è occupata da un coro ligneo. Varie, infine, le ipotesi circa la derivazione della denominazione (“in Terra Amara”, “Terramara”, “Terramala”), in uso nei primi documenti per distinguere la chiesa dall’omonima, pure esistente in Porta Comasina; ma già Giorgio Giulini, alla metà del XIX sec., aveva concluso in proposito: “per qual ragione poi quel sito così venisse addomandato, io non so dirlo, perché i motivi che volgarmente se ne adducono, non sono appoggiati ad alcun sodo fondamento”. Forse “si può stabilire […] che il sito della città, chiamato fin dal secolo XI Terra mala, abbia dato il soprannome alla chiesa di san Tomaso” (Giulini); forse per “essere stata vicina al luogo dove si eseguivano le condanne a morte dei criminali” (Lattuada); forse, come più di recente sembra prendere corpo, la chiesa “avrebbe […] tratto origine da un nucleo di clero e fedeli immigrato in città […] per sfuggire alle invasioni ungare o saracene del X secolo e che avrebbe mantenuto il nome della località d’origine” (Saita, Santoro). Nota, inoltre, la legenda che vuole il nome conseguenza di un fosco episodio legato a Giovanni Maria Visconti; questi, furioso per il rifiuto del parroco della chiesa di seppellire il corpo di un uomo perché la vedova non aveva i mezzi per pagare il dovuto compenso, avrebbe fatto seppellire il prete da vivo nella bara destinata al defunto nel cimitero della chiesa.
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