La basilica sorge lungo l’asse di corso di Porta Romana, arretrata rispetto al filo della strada, sul fianco di una raccolta piazzetta.
Qui, in realtà, si apre l’ingresso alla cappella Trivulzio, una massiccia e incompleta torre quadrangolare in laterizio giustapposta alla basilica vera e propria a partire dal 1511 e su disegno di Bramantino, come mausoleo per il condottiero Gian Giacomo Trivulzio.
La cappella costituisce una sorta di pronao al tempio vero e proprio ed è tutt’oggi proprietà della Fondazione Trivulzio. Se ne percorre l’unico, slanciato vano a pianta ottagonale (nelle nicchie degli ordini superiori le tombe dei Trivulzio), coperto di cupola, prima di trovare l’accesso alla chiesa, ai lati del quale sono state ricuperate tracce significative della facciata del XI sec.
Altrettanto articolato è il fianco settentrionale del complesso, disposto al termine del lungo rettifilo dell’ex Ospedale Maggiore (Università degli Studi), quasi senza soluzione di continuità: qui, anteposta alla basilica, sorge la cappella di S. Caterina (chiesa autonoma per lungo tempo), in tarda replica dai modi di Bramante a Milano (metà del XVI sec.).
La visione della basilica da questo lato permette di abbracciare con uno sguardo il capocroce d’età romanica, con abside maggiore, abside sulla testata nord del transetto (a lato di S. Caterina) e tiburio estradossato all’incrocio dei bracci. Frutto di continui rimaneggiamenti (ultimo il rivestimento classicheggiate degli interni del 1827-30), S. Nazaro è stata ricondotta ad un impianto leggibile da restauri novecenteschi patrocinati e condotti da mons. Enrico Villa, isolando con chiarezza i volumi aggregati e riconducendo l’interno a sole due fasi prevalenti, la fondazione e la trasformazione intrapresa poco dopo il Mille.
Ne è risultata la possibilità, per chi entra, di percepire la sostanziale integrità dell’originario schema ideato da Ambrogio, tra 382 e 386, a “crux capitata” (prototipo per l’Occidente cristiano per derivazione dalla basilica degli Apostoli di Costantinopoli), con ampia navata unica orientata e forse prevalente in alzato su due ambienti laterali, a mo’ di transetto, e dallo stesso modificato tra 395 e 396 con la creazione di un abside curvilineo in capo alla nave maggiore per accogliere le spoglie di San Nazaro.
Distrutta da un incendio, ma conservata in alzato per oltre 13 metri (compreso l’arco d’accesso al braccio destro del transetto), la chiesa ambrosiana fu coperta di volte e suddivisa in campate (con modulo ricavato dal quadrato all’incrocio dei bracci) a partire dal 1075 circa.
L’impegnativo cantiere fu motivo per elaborare soluzioni destinate a divenire nuovamente canone e modello, come fu per la cupola a otto vele, retta da archi in falso su pennacchi, con tiburio avvolto da una galleria esterna, già sperimentata in alcuni cantieri non solo milanesi, ma qui gettata per la prima volta con sicurezza sulla considerevole luce all’incrocio dei bracci.
Presso l’altare tridentino, una lapide (ricomposta) riporta un’epigrafe dettata da Ambrogio (‘Conditit Ambrosius’) che tramanda la traslazione delle reliquie “apostolorum” sotto l’altare costruito all’incrocio dei bracci e del corpo di Nazaro e fissa l’alto valore simbolico dello schema a croce latina: “Il tempio è a forma di croce, il tempio è la vittoria di Cristo / la sacra immagine trionfale contrassegna il luogo”.