la chiesa dedicata a Santa Valeria si trova nei campi, a circa un chilometro a sud del paese. L’ampio e spazioso pronao sorretto da quattro alte colonne in muratura intonacate e da quattro corrispondenti colonne addossate alla facciata originale, regge con architravi poggianti su dette colonne, un timpano frontale coperto dal proseguo delle due falde del tetto che coprono la chiesa. Sotto il pronao si apre al centro l’ingresso principale ed ai lati, vi sono due finestre ampie, contornate da pietra. Sopra l’ingresso vi è un affresco che raffigura Santa Valeria nei campi con i due figli in braccio mentre le appare un angelo che le reca la palma del martirio imminente.
Internamente la chiesa presenta un’unica navata, a pianta rettangolare, suddivisa in tre campate da due arcate a sesto acuto che reggono il tetto a due falde con travi, travetti ed assi a vista.
Nelle pareti della seconda campata si aprono le due porte degli ingressi laterali.
Il presbiterio è a pianta rettangolare, sopraelevato rispetto alla navata di un gradino; esso è coperto da volta a botte e nella parte che serve da raccordo alla parete di fondo riproduce in prospettiva la visione di una cupola; ai fianchi sono disposte le medaglie raffiguranti i Santi Gervasio e Protasio, Valeria e Vitale, la parete di fondo ospita, addossato al muro, l’altare in muratura. A destra del presbiterio è presente un ingresso che conduce alla sagrestia
XIV – si tratta probabilmente della chiesa dell’antico villaggio di Castenatello, scomparso verso la fine del XIV secolo.
XVI – l’attuale edificio fu ricostruito dalle fondamenta all’inizio del XVI secolo
1535 – nella visita pastorale del vescovo Pietro Lippomani, la chiesa appariva “semicohperto” (mancava parte del tetti); due uomini erano stati incaricati dal comune di custodire l’edificio e di raccogliere le elemosine per la sua manutenzione. Nonostante le offerte fossero sufficienti per portare a compimento la fabbrica, i due incaricati, anziché utilizzare i soldi per le riparazioni della chiesa, si intascavano i soldi.
1575 – dagli atti della visita Apostolica di S. Carlo Borromeo, risultava che la chiesa aveva tre altari, ma era notevolmente trascurata e sporca; il Visitatore ordinava che si eliminassero gli altari laterali entro due mesi e si provvedesse subito a pulirla
1594 – il parroco De Michelis nel 1594 si lamentava con il Vescovo perché gli amministratori di S. Valeria e delle altre chiese campestri non gli mostravano mai i conti; mentre nel 1648 la situazione amministrativa sembra migliorata in quanto il parroco del tempo, Alessandro Guarisco, afferma: “li quali sindaci si renovano ogni anno uno di loro e rendono li conti alla mia presenta”
1659 – il vescovo Gregorio Barbarigo trovò la chiesa dotata di sagrestia e campanile, tra le suppellettili elencava una cornice e una cassa di noce, ma evidenziava il fatto che la porta della chiesa restava spesso aperta e vi potevano così entrare gli animali. La stessa lamentela viene ripetuta anche da mons, Giustiniani, nella sua visita pastorale
1703 – nella visita del vescovo Ruzini la chiesa viene così descritta: “l’oratorio di S. Valeria è campestre, ha un unico altare sotto una cappella a volta la cui mensa contiene la pietra sacra portatile. Il soffitto della navata è fatto di assi e travi e l’unica porta si apre a occidente; sulle pareti laterali si aprono tre finestre, la sagrestia ha soffitto a volta sostenuto da una colonna in pietra. Un piccolo campanile si eleva sopra il tetto con un’unica campana”
1838 – il parrocco don Bortolo Spinelli fece restaurare l’intero edificio, mascherando il soffitto ligneo originale e decorando il presbiterio con affreschi monocromatici e con due statue in gesso ai lati dell’ altare. Fece inoltre aggiungere alla facciata l’attuale pronao neoclassico
1861 – la visita del vescovo Speranza così descriveva la chiesa:”trovasi ad un miglio circa di distanza dalla parrocchia verso sud nel luogo medesimo dove detta santa veniva martirizzata. Ha una sufficiente capacità. E’ fatta con volta ad arco, ha un solo altare non difeso né da cancelli né da balaustre.
1867 – durante l’imperversare di una nuova epidemia di colera, il Comune chiese al parroco don Cossali di poter utilizzare la chiesa come ospedale per i colerosi. La parrocchia acconsentì a patto che si isolasse il presbiterio con un grande e speso tendaggio.
1998 – la chiesa è sottoposta ad un generale intervento di restauro